Cagliari, 500 studenti contro la mafia. Il racconto dei familiari delle vittime

Oltre 500 studenti arrivati da diverse provincie della Sardegna hanno partecipato questa mattina alla 18ma Giornata regionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia, organizzata da Libera Sardegna nell’aula magna del Liceo Classico Dettori a Cagliari. Una giornata per non dimenticare le vittime delle criminalità, anche quelle meno note, raccontando le loro storie grazie alle testimonianze dei familiari e ricordando i loro nomi uno per uno, come hanno fatto gli studenti. E proprio grazie al racconto dei parenti delle vittime della mafia che i ragazzi hanno potuto toccare con mano il dolore della perdita e la voglia di combattere contro ogni forma di criminalità.

“Le persone come mio padre uccise dalla mafia hanno cambiato il volto della Sicilia e l’immagine dell’Italia – ha sottolineato Cesare Castelbuono, figlio del vigile urbano Salvatore Castelbuono ucciso a Villafrati nel palermitano il 26 settembre del 1978, da anni residente in Sardegna – si può lottare contro la mafia, ma non si può sradicare. Bisogna combatterla sempre, iniziando dalle scuole, perché come diceva Caponnetto, la mafia teme di più la scuola che la giustizia. Mio padre aveva 46 anni quando è stato ucciso, io ne avevo 16. Lo Stato nel 1978 non ci ha dato tanto, ci ha abbandonato, nessuno era ancora preparato. Oggi invece c’é tanto aiuto e supporto, anche psicologico. Noi all’epoca abbiamo sofferto, la mafia ci ha cambiati, ha condizionato le nostre scelte e la nostra vita”.

La mafia ha segnato la vita anche della famiglia di Emanuela Loi, uno degli agenti della scorta del giudice Borsellino morta nell’attentato del 1992: “La mafia ha distrutto la nostra famiglia, oltre ad aver ucciso mia sorella, ha ucciso anche i miei genitori distrutti dal dolore – ha detto nel suo intervento Claudia Loi, sorella di Emanuela – per noi familiari è sempre conforto partecipare a giornate come questa, anche se si riapre una ferita che il tempo non riesce a rimarginare. Mia sorella è morta perché voleva difendere i valori della legalità e del vivere civile, aveva un gran senso del dovere, faceva il suo lavoro con orgoglio e impegno. Adesso il nostro dovere e impegno é quello della memoria perché il suo sacrificio non venga dimenticato. Noi ci sentiamo come delle sentinelle della memoria, dobbiamo tenere accese le lampade che illuminano la strada della legalità e della giustizia, questa è la nostra missione”.

Ha portato la sua testimonianza anche Pino Tilocca sindaco di Burgos, paese in provincia di Sassari e preside di una scuola di Cabras, vittima di una serie di attentati culminati nel 2004 con la morte del padre: “Incontrare gli studenti e andare nel territorio è importante – ha detto – così possiamo riuscire a far penetrare in maniera più capillare il nostro messaggio di ricerca di giustizia, pace e legalità. Dando agli studenti spunti di riflessione, li prepariamo per un futuro da cittadini responsabili. La mafia in Sardegna non credo si possa dire che esista, ma esistono comportamenti che sono assimilabili a quelli mafiosi, di controllo del territorio, di uso della violenza, di condizionamento dell’amministrazione pubblica. Io sono stato colpito da questo tipo di delinquenza”.

Manuel Scordo (Ansa)

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