Mauro Demuro, calangianese a Dublino: “All’estero mi sono guadagnato indipendenza e dignità, i giovani si impegnino per esportare il meglio della sardità”

Indipendenza e dignità. Le ha cercate e, alla fine, le ha trovate ma lontano dall’isola. Mauro Demuro abita a Dublino, anche lui fa parte della generazione di giovani, partita dalla Sardegna alla fine degli Anni Novanta con la ferma intenzione di costruirsi un avvenire. E così ha fatto, come racconta: «Era il mese di novembre del 1999, scelsi di andare a Londra dove avevo già due cugini, Tiziana e Tomaso, che ci vivevano. La loro esperienza è stata fondamentale perché mi ha dato il coraggio di affrontare una sfida: vivere in una metropoli sconosciuta; ne ignoravo la lingua e le tradizioni. Iniziai facendo il lavapiatti, poi passai in cucina come aiuto cuoco, mansioni particolarmente faticose e mal retribuite. La permanenza all’estero mi ha dato nel tempo indipendenza, dignità, un futuro come l’ho sempre sognato e non quello che mi avrebbe assegnato il destino se non mi fossi ribellato. Inoltre l’idea di vivere in un paese mi rendeva infelice, avendo fallito all’università. L’unica prospettiva che intravedevo era la vita da operaio nell’industria sugheriera, la fonte di occupazione principale a Calangianus».

Tredici anni dopo Mauro, che nel frattempo ha cambiato città e nazione, lavora nel commerciale della Sap (Sistemi applicazioni e produzioni, colosso mondiale nella produzione di software con oltre 55 mila dipendenti- ndr): «Mi occupo dei rinnovi del supporto tecnico e manutenzione delle licenze acquistate dai nostri clienti, oltre che di tutte le attività rivolte a valorizzare servizi e contenuti». A distanza di tempo Mauro Demuro è ancora convinto di aver imboccato la strada giusta e non cede alla retorica della nostalgia: «Non ne ho – afferma – così come non avverto rimpianti. Se si va via, c’è sempre un motivo, basta essere un minimo sinceri con se stessi e ricordarsi le ragioni che ti hanno spinto a lasciare il tuo Paese. Ovviamente il sole, il mare, i profumi della campagna gallurese mi mancano così come la famiglia; sono queste le cose che mi fanno tornare in Sardegna molto volentieri almeno tre volte l’anno».

Per il resto la sua vita è in un’altra isola che attraversa una fase opposta rispetto alla nostra: «Auguro all’Italia e, soprattutto alla Sardegna di essere in crisi come l’Irlanda. L’economia irlandese è cresciuta troppo in fretta e non sempre in maniera sostenibile, mi riferisco alla bolla immobiliare e all’allegra emissione dei crediti da parte dalle banche; dal 2008 in poi anche qui hanno rimesso i piedi per terra. In Sardegna è crisi perenne a parte qualche eccezione; ricordo con un certo orgoglio gli anni d’oro della Gallura: tutti stavano bene o, almeno, sembrava così mentre ora anche lì la gente scappa se può, soprattutto i giovani». Un raffronto impietoso che assume proporzioni deprimenti se si confrontano i numeri: «In Irlanda c’è una Corporate Tax al 12,5% mentre in Italia e in Sardegna la tassazione è almeno tre volte superiore. Qui c’è la corsa a far arrivare le multinazionali che, infatti, hanno impiantato molte loro attività. L’elenco è lunghissimo e comprende colossi come: Ibm, Oracle, Facebook, Google, PayPal, Ebay, Apple, Microsoft, Hertz, Pfizer, Sap».

Non un semplice Eldorado per le imprese ma una nazione moderna e dinamica con grandi capacità di adattamento: «Il welfare è più snello – spiega – anche perché i salari sono molto più alti rispetto a quelli italiani per cui i soldi privati compensano i vuoti lasciati dal servizio pubblico. La burocrazia è estremamente efficiente e semplice. Anche l’approccio delle persone è differente perché non c’è gelosia nei confronti di chi ha successo o diventa ricco. In Italia e soprattutto in Sardegna questa benevolenza è rara, soprattutto verso chi fa impresa: l’invidia e l’individualismo sono zavorre aggiuntive che limitano la crescita».

Caratteristiche di sistema che si sommano ad altre, tra cui la capacità di fare affari: «Gli irlandesi – rileva il giovane calangianese -sembrano avere un approccio più dinamico e pratico nel fare business anche se sono meno preparati di noi. Un esempio per tutti: lo sfruttamento del turismo e delle tradizioni culturali; qui si organizzano tantissimi tour per stranieri nelle affascinanti quanto desolate scogliere del sud-ovest del Paese. Il mito dei pub, della musica folk e dei suoi cantastorie sono esaltati al massimo. Mi chiedo ancora come, a tutt’oggi, in Sardegna nessuno abbia avuto l’idea di creare dei locali dove si narra, suona e balla esclusivamente musica tradizionale. Abbiamo un patrimonio millenario, ricco di suggestioni. E’ la nostra cultura, dovremmo esserne orgogliosi e non temere di ricavarne sostentamento».

E la sardità, intesa come l’insieme di lingua, cultura e tradizioni, è per Mauro Demuro il valore su cui i giovani devono puntare, assieme all’attitudine al confronto con altre realtà: «Il mio consiglio è studiare seriamente, contrariamente a quanto ho fatto io, e senza perdere tempo perché bisogna prepararsi alla vita reale. Un’altra cosa fondamentale è viaggiare: il mondo è ricco di opportunità che sono a disposizione di chi ha coraggio di afferrarle. Poi serve imparare le lingue, oltre al dialetto del proprio paese o della propria città. La cultura è un valore enorme ma bisogna dare priorità a quella sarda, ricca di fascino. Bisogna essere orgogliosi delle proprie origini e impegnarsi per esportare il meglio della sardità nel mondo».

Giovanni Runchina

 

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