Da Cagliari a Tokio, la storia di Alessandro Piroddi: “Studio e fatica ti fanno andare lontano”

Trentotto anni, cagliaritano, laureato in ingegneria elettronica nell’ateneo cittadino, Alessandro Piroddi vive in Giappone da quasi otto anni, a Tokio, dove si occupa di compatibilità elettromagnetica all’interno di un laboratorio. “Effetuo test su apparecchi elettronici prima che siano immessi nel mercato. Nello specifico – spiega- verifico che le emissioni elettromagnetiche non superino i limiti consentiti e che il funzionamento di questi apparecchi sia corretto anche in presenza di altri disturbi dell’ambiente”.

Prima l’ingegnere cagliaritano stava in Lombardia, dove faceva il progettista elettronico. La sua avventura all’estero la riassume così: “Sono arrivato a marzo del 2005 perché sono riuscito a farmi assumere da una scuola di italiano. Allora pensavo più che altro ai soldi, perché quelli che guadagnavo bastavano a malapena per sopravvivere anche se il lavoro e i colleghi mi piacevano. La scuola – chiarisce – è stata un’esperienza umana straordinaria e mi è quasi dispiaciuto cambiare dopo qualche mese. Dopo questa parentesi ho avuto un’altra breve esperienza in una ditta di import-export, infine ho trovato la ditta dove sto tuttora. Ho faticato ma ho anche raccolto i frutti. Inizialmente ho studiato molto per perfezionare la lingua, poi ho continuato a studiare prendendo alcune certificazioni professionali importanti e, ora, sono conosciuto e stimato nel mio campo. In questo mi ha aiutato avere frequentato una università italiana. Noi non abbiamo nulla da invidiare agli altri, in Sardegna e in Italia ci sono tante persone in gamba e bisogna solo trovare terreno fertile per dare il meglio”.

L’ingegneria però non è l’unico campo di interesse: “Ultimamente – racconta Alessandro – sto aiutando un amico nel settore dell’import-export. In tanti mi chiedono informazioni su come entrare nel mercato giapponese, è molto interessante e sono contento di dare una mano”. Progetti che vanno incastrati con un quotidiano denso di impegni che lascia poco spazio per lo svago: “Il pendolarismo mi prende molto tempo, quindi la mattina non faccio nulla a parte prepararmi per il lavoro; se questo non si dilunga troppo, la sera c’è il tempo per cenare a casa e guardare le email. Stando a stretto contatto con i clienti non ho orari e la sera può capitare anche di non riuscire a tornare con l’ultimo treno. In azienda abbiamo una camera da letto per far fronte a questa evenienza e io, che abito lontano, la uso spesso. Nelle giornate libere mi divido tra faccende di casa, palestra, concerti o passeggiate. La metropoli giapponese ha poche bellezze ma tante comodità. Gli impegni crescenti rendono i contatti con gli amici sempre più sporadici – continua – e comunque se in un primo tempo cercavo di evitare sardi e italiani per non distrarmi nel processo di integrazione, ora posso dire che mi trovo meglio con chi mi è culturalmente simile. Certo, ho anche amici giapponesi però su certe cose siamo troppo diversi”.

L’esperienza in terra nipponica, pur ricca di opportunità, riserva non pochi problemi. In generale per gli stranieri ci sono diversi ostacoli: “Molti lamentano difficoltà nel trovare un appartamento in affitto; questo intoppo può essere difficile da superare se non si ha una persona giapponese di fiducia che fa da garante”.

Nonostante le soddisfazioni personali raccolte sinora, Alessandro non nasconde la nostalgia per la Sardegna: “Credo che tutti la avvertano, per quanto mi riguarda ho provato sorpresa nel notare che mi mancano certi odori della campagna e del mare ma anche la spontaneità delle persone che qui è quasi un disvalore”.

Legame con l’isola che Alessandro Piroddi ha intensificato assieme ad altri conterranei: “Abbiamo fondato il circolo sardo attraverso il quale cerchiamo di far conoscere la Sardegna ai giapponesi che, in buona parte, ne ignorano persino l’esistenza. Per farci pubblicità abbiamo anche creato un profilo su Facebook (https://www.facebook.com/isolagiappone ndr). Siamo agli inizi – conclude- ma le prime risposte sono incoraggianti; ci resta da convincere gli altri sardi scettici”.

Giovanni Runchina

 

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