Saremar, la mancata privatizzazione è costata 74 milioni

Al governo della Sardegna c’erano il centrodestra che scelse di investire sulla Flotta sarda anziché privatizzare. Ecco la mappa dei costi.

Esiste un punto zero ben individuale nel tracollo della Saremar che è stata una costola societaria di Tirrenia fino al 2009, quando il governo Berlusconi decise di privatizzare la compagnia nazionale di navigazione. Tutto è scritto nella legge 166 del 20 novembre 2009, con la quale venne gestita la partita Tirrenia.

Infatti: al prezzo simbolico di un euro, la Saremar diventò proprietà della Regione che, però, avrebbe avuto dallo Stato un contributo di 13 milioni annui per 12 anni, se l’avesse privatizzata.

Al governo della Sardegna c’era il centrodestra di Ugo Cappellacci che, soprattutto sulla spinta del Psd’Az e dell’allora assessore Christian Solinas, scelse l’avventura della Flotta Sarda. Il che vuol dire primo anno di attività – il 2011  – chiuso con un passivo di 800mila euro, accumulato con il noleggio di un primo traghetto dalla Visemar, per tre mesi e al costo di 15mila euro al giorno. L’anno successivo, le navi sono state due e vennero affittate per 12 mesi, sebbene utilizzate solo durante l’estate. Il disavanzo salì così a 10 milioni.

Per arrivare ai 74 milioni totali che è stato il costo della mancata privatizzazione Saremar, a questi 10 milioni di buco creato con la Flotta sarda vanno sommati i soldi spesi dal 2010 per garantire la continuità territoriale con le isole minori. Ovvero, 12 milioni all’anno dal 2010 al 2014, più i 16 milioni del 2015 (cifra aumentata per coprire i collegamenti notturni). Si aggiunta che oggi la Saremar ha anche un rosso di 15 milioni.

È proprio davanti a questi numeri che la Commissione europea ha imposto alla Regione di liberarsi quanto prima della Saremar, fissando una tabella di marcia precisa: fallimento entro il 31 dicembre. E se la compagnia venisse rilevata da un qualche azionista privato, a Bruxelles interessa che i sardi non ci rimettano più un solo euro.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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