Rimpasto di Giunta, margini di manovra stretti: Solinas rischia l’ennesima figuraccia

Alessandra Carta

Rischia l’ennesima figuraccia Christian Solinas, il presidente della Regione che a un anno e tre mesi dalla fine della legislatura è più debole che mai. Il rimpasto della Giunta, promesso per la prima volta ad aprile del 2021, quando il Consiglio si apprestava a votare la legge 10 sui maxi staff, non solo è una partita ancora aperta, ma l’ipotesi più probabile è che si ridurrà a poche mosse. Un ‘formato mini’ scritto nelle liti aperte all’interno della maggioranza, a cui si aggiunge il fatto che neppure dentro il ‘suo’ Psd’Az il governatore può contare su un appoggio granitico.

Solinas è come appeso tra sogno e realtà. Fosse per lui, toglierebbe la Sanità a Mario Nieddu per darla all’amico ortopedico, Carlo Doria, rimasto senza il giocattolino della politica dopo la mancata rielezione in Senato. Solo che per sfilare l’assessorato più pesante al Carroccio, Solinas dovrebbe quantomeno essere il governatore più amato d’Italia con un centrodestra che pende dalle sue labbra. Invece il presidente sardo è penultimo per gradimento a livello nazionale e gli alleati non gli danno più retta. Tanto che in Consiglio regionale passano ormai solo le leggi che vota pure il centrosinistra, tipo quella sul bullismo, mentre sono totalmente al palo i provvedimenti normativi che contano, come il Piano casa o la nuova maxi variazione di bilancio conosciuta come Omnibus 2.

I rapporti tra Lega e Solinas sono pessimi. Col leader Matteo Salvini l’armonia è finita da tempo, idem con l’ex commissario Eugenio Zoffili. C’è poi Dario Giagoni, il neodeputato gallurese protagonista di un’ascesa politica che dal Consiglio regionale lo ha fatto atterrare a Montecitorio proprio grazie agli ottimi rapporti con Salvini e Zoffili. Giagoni non perde occasione per parlare male di Solinas a Roma e da responsabile del Carroccio nell’Isola sta vigilando per tutelare Nieddu, sebbene l’assessore alla Sanità non appartenga alla stessa corrente interna del parlamentare.

In questo quadro, i margini di manovra che ha Solinas sono ridotti all’osso. L’unica strada che il governatore può percorrere è cominciare il rimpasto dalle caselle vuote, di cui lo stesso presidente ha l’interim: ovvero i Trasporti, lasciati dal dimissionario Giorgio Todde, e l’Ambiente, assessorato che si è liberato con l’elezione alla Camera di Gianni Lampis, quota Fdi. Ma pure su queste deleghe c’è tutta una serie di paletti da rispettare, limiti che obbligano Solinas a dover scegliere in accordo con gli alleati.

Infatti: i Fratelli d’Italia, il partito del momento, la ‘casa’ della premier Giorgia Meloni, hanno nella Giunta regionale un solo assessorato e quindi anche nel caso in cui non riprendano più in mano l’Ambiente, devono avere obbligatoriamente una delega. Quanto ai Trasporti, la Lega lo rivendica da prima delle elezioni del 25 settembre per il capogruppo Pierluigi Saiu che, tuttavia, non sarebbe sicuro di volersi infilare nell’imbuto della Giunta regionale, percepita dai sardi come pessima. Si aggiunga che questi uffici devono gestire la difficilissima partita della Continuità territoriale, soprattutto quella aerea, dove le compagnie stanno imparando a fare cartello e alzano sempre di più la posta.

Nel centrodestra ci sono due scuole di pensiero: una dà Doria nuovo assessore ai Trasporti, l’altra lascia anche questa casella in mano alla Lega. A quel punto per fare posto all’ortopedico di Sassari, Solinas sarebbe costretto a toccare una delle deleghe in mano al Psd’Az. E siccome c’è la quota di genere da rispettare, verrebbe fatto fuori il titolare dell’Urbanistica, Quirico Sanna, non Gabriella Murgia, l’ex Pd del Psd’Az che è il 10 per cento di quel 40 di rappresentanza femminile obbligatorio per legge.

Fuori dal perimetro Lega-Quattro Mori, Solinas può intervenire sull’Industria, in mano ad Anita Pili, assessora di Sardegna 20venti. Su questo fronte, il governatore può giocare sul fatto che il partito fondato da Stefano Tunis abbia un posto nell’Esecutivo a fronte di un solo scranno in Consiglio, occupato dallo stesso Tunis. Ma neppure intervenendo sull’Industria Solinas potrebbe soddisfare gli appetiti di piazzare Doria, visto che di mezzo c’è sempre la quota di genere da rispettare.

È evidente che tra liti e barriere normative, per Solinas si profila l’ennesima figuraccia con un rimpasto in formato mini. Non solo: in media un assessore impiega un anno a capire come funziona la macchina amministrativa. Fare nuovi ingaggi, si ragiona nel centrodestra, equivale a ripartire da zero, quando invece il centrodestra avrebbe bisogno di accelerare. Anche per questo il rimpasto non è una passeggiata. Nel mezzo c’è la farsa degli Stati generali del centrodestra, rilanciati da Solinas prima delle Politiche del 25 settembre e usati dal governatore per ritardare il cambio degli assessori. Poi è successo che nel convento di Bultei, scelto per celebrare il confronto, non ci sarebbe stato posto per i sindaci. Ecco allora la decisione di Solinas di rimangiarsi tutto, nel giro di un mese, e non considerare più indispensabile il summit di coalizione. Si capisce anche da qui quanto pasticciate siano le mosse del governatore, sempre più alla deriva insieme agli alleati.

Sul resto Solinas deve andare coi piedi di piombo.

Alessandra Carta

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