Regionali, intervista a Comandini: “Restiamo uniti per battere la destra, Todde è la migliore candidata”

di Andrea Tramonte

L’ultimo appello è arrivato da Roberto Capelli de La Base, sostenitore di Alessandra Todde alle Regionali. Chiede al Pd di convocare un nuovo tavolo – “e chi non parteciperà avrà torto” – per individuare la candidata o il candidato migliore alle prossime elezioni. Una sorta di disarmo dei due candidati in campo per trovare la sintesi tra forze simili che rischiano di andare divise alle elezioni. La lettera è indirizzata a Piero Comandini, segretario regionale del Pd, che ora lancia un messaggio ad alleati, ex alleati e (per ora solo potenziali) futuri alleati: “È necessario unire la maggioranza progressista per non consentire alla minoranza di destra di andare al Governo”, dice nell’intervista a Sardinia Post. Il tempo del dialogo per i Dem non è mai finito ma c’è un punto su cui il segretario e la sua coalizione non sono disposti a discutere: la candidata del campo largo è Alessandra Todde e indietro non si torna.

In questi giorni si parla di prove di dialogo tra voi e i Progressisti per provare a riunificare il Campo. Agus dice che loro le hanno provate tutte e che ora tocca a voi riprendere l’iniziativa. Qual è il possibile punto di caduta?

Il percorso del dialogo non si è esaurito, con gli amici Progressisti, con Soru e con le liste che lo sostengono. Il Pd tiene sempre aperta la porta perché l’unità è fondamentale in questo momento storico. Dobbiamo vincere in Sardegna per battere il peggior governo della storia autonomistica sarda ma anche perché nel Paese tira un vento di destra e dobbiamo cambiare rotta. Il punto principale di incontro, discussione e dialogo è l’aspetto programmatico.

Da questo profilo non emergono profonde differenze. Resta il problema di due candidati in campo. Come si fa sintesi?

La sintesi in politica è quella di ragionare su quale sia la candidatura più forte e che meglio sappia interpretare la grande voglia di cambiamento che c’è nell’Isola. Secondo noi del Pd e della coalizione la nostra candidata sa rappresentare meglio di altri questa necessità di cambiamento. 

È probabile che Renato Soru non sia d’accordo. 

Non so se Soru è d’accordo o non è d’accordo. Noi abbiamo scelto Alessandra e lo abbiamo fatto in Sardegna – il racconto di un patto romano tra Schlein e Conte è una deformazione della realtà – attraverso una discussione lunga tra partiti e movimenti, per un progetto di campo largo che partiva da una forte opposizione alla Giunta Solinas. Ricordo che negli ultimi anni abbiamo perso tutte le elezioni in Sardegna perché il campo si è presentato diviso. Nel 2019 avevamo cinque candidati alla presidenza. Le divisioni favoriscono la destra. Todde era la candidata che univa di più ed era in grado di portare innovazione programmatica e una novità forte, non avendo mai governato nell’Isola. 

Capelli, vostro alleato, si rivolge a lei: chiede la convocazione di un tavolo e tra le righe un passo indietro a Todde e Soru, per capire quale possa essere la migliore candidatura. Cosa risponde?

Il campo largo non è un campo chiuso, minato, ma è inclusivo. E sono ben accetti tutti i momenti di incontro. Siamo pronti ad allargare. Ma sono altrettanto convinto – e voglio essere chiaro – che il tempo per trovare altri nomi è finito. l 25 febbraio si vota. Abbiamo fatto passi avanti dal punto di vista programmatico, stiamo girando la Sardegna e vediamo entusiasmo intorno alla nostra politica e alla nostra candidata. Cercare altre figure – che francamente non vedo – rischia solo di farci perdere tempo e di regalare un vantaggio alla destra. 

Secondo lei ci sono stati degli errori della coalizione nel gestire il dialogo con alcuni alleati, anche riguardo il tema delle primarie non volute dai 5s?

Bisogna raccontare la verità: non è che i soli 5s hanno detto no al metodo. Anche altri movimenti non hanno ritenuto le primarie il metodo di scelta migliore. Si è rivendicato che dovesse essere la politica a scegliere, come è sempre stato fatto in maniera autorevole e democratica attraverso il confronto tra i partiti. Se abbiamo commesso degli errori, certamente abbiamo cercato di limitarli allargando il più possibile la partecipazione. Il voto del 25 febbraio ci dirà se le nostre scelte – come riteniamo – siano state più democratiche e inclusive. 

Il centrodestra non ha ancora scelto il suo candidato. Come vede la situazione degli avversari?

Io non mi occupo di problemi di scelta all’interno del centrodestra, se sarà Solinas o sarà Truzzu. Per il Pd sono uguali, rappresentano un modo di vedere la Sardegna diverso dal nostro. Il problema non sono l’uno o l’altro ma una alleanza sardista-leghista che ha governato male e non ha risolto nessuno dei problemi in campo. Vediamo ora lo spot sulla continuità territoriale che in cinque anni non sono riusciti ad affrontare, assessori che si comportano da dirigenti di partito.

Dopo le Regionali sarà la volta delle Comunali a Cagliari e Sassari. Le divisioni attuali rischiano di pesare anche sulle prossime tornate elettorali?

Sono fiducioso che la coalizione di chi in questi cinque anni ha condiviso l’opposizione in Consiglio regionale e nei Comuni ritroverà l’unità e la coesione. A partire dagli amici Progressisti con i quali continuiamo a portare avanti battaglie comuni. Dobbiamo ritrovare il senso di responsabilità per capire chi sono i veri avversari, e presentarci uniti. 

Massimo Zedda è in campo a Cagliari e si dice pronto a presentarsi a eventuali primarie. È un metodo che escluderete come nel caso delle Regionali?

Le primarie sono sempre un’ottima modalità di scelta del candidato e il Pd non le esclude a priori. È un metodo che abbiamo già applicato sostenendo Francesca Ghirra e quindi è una possibilità. Non è stato possibile per le Regionali ma siamo aperti a ragionare su Cagliari e Sassari. La candidatura di Zedda è un’ottima candidatura: ha fatto bene il sindaco e in Consiglio è stato uno dei protagonisti dell’opposizione al centrodestra.

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