L’incubo del Pd sardo: dalla mezza vittoria alla sconfitta

Ancora provati dalla brutta esperienza delle elezioni politiche, i democratici sardi che hanno riunito sabato la direzione regionale a Oristano, sembrano gli inquilini che rientrano in casa dopo il terremoto. Le mura hanno retto, per fortuna, ma i danni sono ingenti e il futuro preoccupa. Parecchio. Non tanto o non solo quello nazionale, con la partita del governo ancora tutta aperta e la convinzione, resa esplicita da diversi interventi, che Pierluigi Bersani non riuscirà nel suo intento. Quanto per i riflessi, immediati, che lo scenario d’incertezza trasmetterà alla sfida per le regionali. In apertura il segretario Silvio Lai lo dice chiaramente “Il nostro percorso poteva essere facilitato dal risultato delle politiche, in caso di una vittoria netta del centrosinistra, ma così non è stato”. Anzi, il centrodestra è percentualmente ancora avanti al centrosinistra, senza contare il Movimento cinque Stelle, che potrebbe ripetere in Sardegna l’exploit della Sicilia. “La partita per le regionali è del tutto aperta”, ha continuato Lai, spiegando come il vantaggio del centrosinistra su un Cappellacci e il centrodestra fosse illusorio.

Nuove elezioni, congresso e primarie per il leader: il rischio ingorgo
I prossimi mesi saranno per il Pd molto impegnativi e carichi di appuntamenti fondamentali. Lo scenario più apocalittico prevede nuove elezioni politiche entro l’estate, quindi nuove parlamentarie di lista, poi Congresso e nuovo segretario (con primarie tra gli iscritti) e scelta del leader per le regionali, ancora una volta attraverso l’uso delle primarie. Una specie di gazebo permanente, in cui per altro il partito dovrebbe anche riuscire a chiudere l’alleanza di centrosinistra e, possibilmente, recuperare parte degli elettori delusi che a questa tornata hanno scelto Beppe Grillo. Sul fronte della coalizione è stato salutata come positiva, anche dalla vice segretaria Francesca Barracciu, l’uscita del Psd’Az dalla Giunta Cappellacci. Ma il semplice allargamento della coalizione potrebbe non bastare, specie se come hanno spiegato in tanti durante la direzione (Calvisi, Diana e Bruno, per citarne alcuni), il centrosinistra non viene percepito più dagli elettori come alternativo al centrodestra. Forse anche, è stato detto più volte a Oristano, per il tipo di opposizione in Consiglio regionale. Dove si finisce per essere accomunati nella fallimentare gestione della Regione, con il centrodestra di Cappellacci.

Il congresso, su questo c’è consenso unanime, può essere il momento in cui il partito ritrova lo slancio perduto, magari dando conclusione al processo verso un partito federato con il nazionale, bruscamente interrato dieci mesi fa. Ma anche in questo percorso ci sono possibili ostacoli, perché come ha ricordato il segretario Lai “i nostri avversari saranno molto più rapidi di noi nelle scelte in vista delle regionali”, mentre il Pd rischia di incartarsi nella fase congressuale, senza dedicare il tempo necessario alla scelta del leader che guidi la coalizione. Un candidato che dovrà fronteggiare Ugo Cappellacci e la macchina di consenso che la regione rappresenta, specie in prossimità delle elezioni, e Beppe Grillo in persona, che arriverà in Sardegna a trasformare un candidato sconosciuto in cavallo vincente. Anche per questo motivo Chicco Porcu ha ammonito che “la priorità è la scelta del candidato che dovrà guidarci nella campagna elettorale”.

La lista contestata e il caso Banco di Sardegna, il Pd rischia di nuovo di spaccarsi.
Pur in un clima sostanzialmente di concordia, alcuni elementi ieri a Oristano lasciavano intendere che il fuoco cova sotto la cenere nel Pd. La presidente Valentina Sanna e il deputato uscente Guido Melis hanno manifestato l’umore di una parte del partito, puntando il dito contro la segretaria regionale colpevole di avere accettato lo stravolgimento dell’esito delle parlamentarie e ora di tacere sulla polemica legata alla possibile nomina di Antonello Cabras alla guida della Fondazione Banca di Sardegna. “Non abbiamo capito la portata dell’errore fatto nell’accettare la lista compilata a Roma. Forse il Porcellum un po’ piaceva anche a noi”, ha detto la Sanna. Mentre Melis ha attaccato a testa bassa “Io non ho nulla contro Antonello Cabras, ma contesto che un senatore ancora in carica possa essere chiamato a dirigere una fondazione bancaria. E non mi si venga a dire che il Pd non c’entra nulla in questa nomina, come ha fatto Silvio Lai, perché è una battuta comica e non la dichiarazione di un dirigente politico”.
Se sulla prima vicenda il partito può giusto interrogarsi sulle scelte fatte e sul costo sostenuto, la seconda invece potrebbe rappresentare un banco di prova interessante per il Pd che intende cambiare passo. Perché far scivolare la discussione sul Banco di Sardegna, non calcolandone la portata su un elettorato ipersensibile ormai a questi argomenti, rischia di replicare in Sardegna un effetto Monte Paschi, che forse è costato il risultato elettorale quanto, se non di più, della poca capacità comunicativa di Pierluigi Bersani.

 Alberto Urgu

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