Nessuna diffamazione contro Soru: assolti il ‘Corsera’ e due giornalisti

“I giornalisti del Corriere della Sera, Simona Ravizza e Mario Gerevini, hanno legittimamente esercitato il loro diritto di cronaca e di critica riportando nell’articolo fatti riscontrati e di pubblico interesse”. Con questa motivazione la Cassazione ha confermato ieri che non c’è stata alcuna diffamazione nei confronti di Renato Soru, ex presidente della Regione, fondatore di Tiscali e attuale parlamentare europeo del Pd.

L’ordinanza – la numero 2346 emessa dalla Terza sezione civile – chiude un processo durato sette anni. Tutto era cominciato nell’estate del 2011 quando i due giornalisti avevano firmato un articolo dal titolo “Le sovvenzioni e i politici. Il sistema San Raffaele“, pubblicato  l’11 luglio di quell’anno. Nel pezzo si raccontava, tra le altre cose, il ruolo che l’ospedale milanese, attraverso il suo fondatore don Luigi Verzè e il manager Mario Cal, aveva avuto nella vendita di Shardna, una spa intestata all’ex governatore sardo. La cui posizione “veniva introdotta – si legge negli atti della Cassazione – con la frase ‘E spunta il caso Soru'”. Così dopo che si parlava dei legami tra don Verzè e Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano finito al centro di una scandalo giudiziario sul Comune di Sesto San Giovanni e da cui è stato poi assolto.

Soru considerò diffamatorio che il Corsera l’avesse associato al sistema San Raffele e a Penati. Di qui la querela e il rinvio a giudizio dei giornalisti. In primo grado il quotidiano e i due redattori vennero condannati al pagamento di 40mila euro. La sentenza, però, fu ribaltata dalla Corte d’Appello di Cagliari e confermata ieri dalla Cassazione. La Terza sezione, presieduta da Adelaide Amendola e con Emilio Iannello relatore, ha respinto il ricorso di Soru, dichiarandolo inammissibile, e dato ragione al gruppo editoriale Rcs e ai due giornalisti.

La Corte di Cassazione ha quindi condannato l’europarlamentare Pd a pagare le spese processuali che “liquida in euro 4mila per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro  200 e agli accessori di legge”, è scritto nell’ordinanza.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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