La mappa sarda del referendum: ecco come sono schierati i partiti

A quarantasei giorni dal referendum costituzionale, ecco come sono schierati i partiti in Sardegna in vista del voto del 4 dicembre.

Geografia sarda del referendum: a quarantasei giorni dall’appuntamento con le urne per decidere il destino della riforma costituzionale, sono ormai chiusi i giochi politici in Sardegna. Il Pd, con la sola eccezione dei dem per il No, ovvero l’ala più fedele a Bersani, è allineato col premier-segretario Matteo Renzi. Stessa scelta per il Centro Democratico, sempre più lontano, in chiave isolana, alla galassia autonomista-indipendentista che invece si oppone al referendum con Partito dei Sardi, RossoMori e Psd’Az. Identica posizione per iRs, Sardegna sostenibile e sovrana e Cagliari capitale. Per il No anche i civatiani di Possibile, l’Upc e quella parte di Sel che a livello nazionale è più vicina al gruppo parlamentare di Sinistra Italiana. Per contro i vendoliani che non hanno rotto col Pd, hanno trovato una valvola di sfogo nel So, il comitato del forse appena fondato dal senatore Luciano Uras insieme al collega Dario Stefàno. Si è subito iscritto il sindaco di Cagliari Massimo Zedda.

Difficile dire oggi quanto un’eventuale vittoria del No, dato avanti nei sondaggi, possa destabilizzare la già litigiosa maggioranza al governo della Regione. Ma il presidente Francesco Pigliaru non sembra affatto preoccupato. Anzi: il capo della Giunta sarda ha abbracciato la causa del Sì in maniera solenne, nei giorni scorsi, quando a Sassari ha partecipato all’avvio della campagna referendaria del Pd insieme al sottosegretario Luca Lotti. E c’era anche il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ugualmente schierato col fronte del Sì (leggi qui).

Pigliaru, del resto, sa bene che nella massima assemblea sarda nessuno lascerebbe un posto da 10mila euro al mese per una riforma costituzionale, per quanto contestata. Una riforma che per l’ala autonomista-sovranista-indipendentista “taglia sulla potestà legislativa e sulle competenze della Regione”. Così per via di quella clausola di supremazia dello Stato scritta all’articolo 117 della nuoca Carta e rilanciata oggi dal leader del Pds, Paolo Maninchedda, come ragione del No nel voto del 4 dicembre (leggi qui).

Il partito di Maninchedda, tuttavia, non ha aderito al comitato #BallaCaNo, dove ci sono invece Sel-Sinistra italiana, RossoMori, Upc, iRs, Sardegna sostenibile e sovrana e Cagliari Capitale. E questo, rispetto alla tenuta della maggioranza, depone a favore di Pigliaru che ha un motivo in più per non temere conseguenze, sebbene il 6 ottobre scorso, nel giorno della prima uscita pubblica, il Comitato abbia lanciato un avviso di sfratto al governatore, nel caso in cui dovesse vincere il No (leggi qui).

Per il Pd parla il senatore Giuseppe Luigi Cucca, ex bersaniano oggi vicino al ministro Graziano Delrio. “Convintamente – dice – ho sostenuto il ddl Boschi nel suo iter parlamentare. Il 4 dicembre la scelta è precisa: gli italiani devono dire se vogliono cambiare o restare nell’immobilismo”. Ma sia a palazzo Madama che a Montecitorio, non ci sono parlamentari dem dissidenti. Anzi: il deputato Siro Marrocu si è anche iscritto pure al movimento Sinistra per il Sì, fondato dal ministro Maurizio Martina.

Per trovare i bersaniani rimasti fedeli alla linea dell’ex segretario Pd bisogna bisogna in guardare in Comune a Cagliari, dove l’assessore allo Sport, Yuri Marcialis, ha aderito al comitato Democratici per il No. Con una motivazione su tutte: “La nuova Costituzione – ha scritto su Facebook – esproprierebbe le regioni di molti poteri e mi stupisce che proprio dalla Sardegna non si alzi una voce forte e decisa su questo argomento”.

E proprio nel capoluogo, ha preso forma anche il gruppo degli indecisi che ha il senatore Uras come fondatore e il sindaco Zedda come primo sostenitore. Questo in una saldatura non nuova dentro Sel, dove infatti il deputato Michele Piras, componente del gruppo parlamentare di Sinistra Italiana, ha scritto oggi una missiva a Uras in risposta al comitato del So, creato per “aprire un nuovo spazio di dibattito fuori dai partiti”. Piras osserva: “In un clima pesantissimo, nel quale il presidente del Consiglio, quotidianamente e a reti unificate, ci spiega i presunti benefici della riforma, non capisco per quale ragione la consapevolezza dei cittadini dovrebbe accrescersi dalla ritirata delle forze politiche dal dibattito referendario”.

Sullo sfondo resta la proposta dell’ex presidente della Regione, Pietrino Soddu che ha invitato a sardi a riflettere su una terza via alternativa al Sì e al No. Soddu ha suggerito di “scrivere Sardegna sulla scheda” per riportare la questione isolana al centro del dibattito nazionale. Leggi qui l’intervista di Sardinia Post.

Sul fronte del centrodestra, la campagna referendaria scorre senza scossoni: Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno attivato propri comitati per sostenere la contrarietà alla riforma Boschi. E al momenti non ci sono voci fuori campo.

Come si diceva l’esito del voto è incerto, tanto in Sardegna quando nel resto della Penisola. Ma una cosa è certa: se il 4 dicembre in tutta Italia dovesse vincere il Sì, gli eventuali effetti nell’Isola ci potranno essere sui singoli progetti, destinati, se del caso, a diventare la miccia di nuovi scontri politici.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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