Fondi ai gruppi e primarie, battaglia finale nel centrosinistra

Inizia una settimana decisiva per il centrosinistra sardo. Giovedì Francesca Barracciu, vincitrice delle primarie, si presenterà al pubblico ministero Marco Cocco per spiegare come ha speso quei 33mila euro di fondi destinati al gruppo consiliare del Partito democratico, soldi che la Procura della Repubblica le ha contestato iscrivendola nel registro degli indagati per peculato. Tre giorni dopo si svolgeranno le primarie per l’elezione del segretario nazionale. E si avrà, anche in Sardegna, un elemento in più per misurare la consistenza delle forze in campo.

Francesca Barracciu – come buona parte dello stesso gruppo dirigente isolano che un anno fa aveva sostenuto Pier Luigi Bersani nelle primarie per la scelta del premier – sostiene la candidatura di Matteo Renzi. Il quale nelle scorse settimane, attraverso il suo braccio destro Luca Lotti, giunto per l’occasione in Sardegna, ha formalizzato il suo sostegno all’eurodeputata.

Ma le acque nel centrosinistra non sono tranquille e, attorno alla figura di don Ettore Cannavera, è nato un movimento che chiede alla Barracciu di fare un passo indietro. A meno che non riesca a uscire in tempi rapidi dall’inchiesta della Procura di Cagliari.

Ecco perché l’interrogatorio di giovedì ha un’importanza decisiva: consentirà di capire se la Barracciu – che si è sempre detta del tutto serena e in grado di provare di aver speso in modo corretto la somma che le viene contestata – è nelle condizioni di fare subito chiarezza. Cosa che non dipende solo da lei, ma anche dall’incrocio tra i tempi procedurali e quelli politici.

Il tempo, insomma, è un elemento decisivo in questa vicenda dove il destino politico di cinquantasei persone (tanti sono i consiglieri indagati per peculato) s’intreccia con sottili interpretazioni giuridiche. Una vicenda che, secondo l’opinione dei molti, finirà in Cassazione. Cioè con l’ultimo grado di giudizio.

Si trovano accomunati dallo stesso reato non solo esponenti politici di partiti diversi, ma anche comportamenti molto differenti. Alcuni hanno già scandalizzato l’opinione pubblica, come il matrimonio di Carlo Sanjust e le Montblanc e i libri pregiati di Mario Diana. Ma ci sono – e sono per fortuna la maggioranza – situazioni nelle quali il reato è stato contestato per il solo fatto che mancavano le pezze giustificative. E le spese sono state “politiche”: organizzazione di convegni realmente svolti e retribuzione di addetti stampa.

Il punto è che anche queste spese, se non sono chiaramente attribuibili all’attività del gruppo consiliare, possono essere considerate illegittime. Cioè “non attinenti“. La sentenza di condanna del consigliere Adriano Salis – che aveva presentato ricevute per un valore addirittura superiore alla somma che gli è stata contestata (62mila euro) – ha suscitato enorme preoccupazione, se non il panico, nel palazzo. Il gup Cristina Ornano, infatti, ha ritenuto che le pezze giustificative consegnate da Salis non costituissero prova di innocenza.

Giovedì, col pubblico ministero parlerà anche Marco Meloni, attuale deputato finito sotto inchiesta per una spesa sospetta di 32mila euro Ma è pronto per rispondere alle domande del pm pure Francesco Sanna, difeso dall’avvocato Anna Maria Busia e indagato per l’utilizzo di 45mila euro. Nel suo caso, però, non è stata ancora fissata la data, e lo stesso vale Giuseppe Luigi Cucca (19mila euro) che ha scelto come legale Agostinangelo Marras. Stessa attesa per Silvio Lai (33mila di presunto peculato), Renato Cugini (25mila), Vincenzo Floris (8mila), Siro Marroccu (92mila), Chicco Porcu (133mila), Antonio Ignazio Calledda (179mila), Angelina Corrias (33mila), Giuseppe Pirisi (33mila), Alberto Sanna (35mila), Nazareno Pacifico (35mila), Salvatore Mattana (33mila) e Giovanni Battista Orrù (33mila).

Invece: Pierluigi Gessa, difeso da Massimiliano Ravenna, si era avvalso della facoltà di non rispondere sui quei 10mila euro che la Procura gli contesta, mentre Alessandro Frau (53mila euro) è stato il solo (ex) onorevole che finora ha parlato col pm. Sotto inchiesta, ci sono anche Carmelo Cachìa (35mila), Giommaria Uggias (28mila, già rinviato a giudizio con la prima inchiesta), Giacomo Spissu (33mila), Giuseppe Cuccu (quasi 200mila euro), Antonio Biancu (77mila), Franco Sabatini (56mila), Gavino Manca (52mila), Mariuccia Cocco (48mila), Simonetta Sanna (41mila), Giovanni Giagu (24mila), Marco Espa (13mila), Eliseo Secci (5mila), Mario Bruno (106mila), Elio Corda (37.400) e Stefano Pinna (41mila).

Alessandra Carta

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