PIANO PAESAGGISTICO. IL DOSSIER. Il “nuovo Ppr” tra Regione e Procura della Repubblica

Il ministero dei Beni culturali quasi certamente impugnerà il Piano paesaggitico regionale davanti al Tar. Ma l’intera storia della elaborazione del “nuovo” strumento di pianificazione, e di cementificazione, è segnata da sospette irregolarità che hanno già determinato l’avvio di indagini da parte della procura della Repubblica di Cagliari. Proprio ieri il giudice per le indagini preliminari Giorgio Altieri ha respinto la richiesta di archiviazione (avanzata dai Pm Marco Cocco ed Enrico Lussu) del procedimento per falso ideologico a carico dell’assessore all’Urbanistica Nicola Rassu per la strana vicenda – un “mistero buffo secondo il Gruppo di Intervento Giuridico – della composizione della Commissione paesaggio, importante organo di “supporto, proposta e parere” nella procedura di adozione del nuovo Ppr.

La vicenda emerse nell’agosto del 2012 in seguito a un esposto alla procura della Repubblica di tutte le principali associazioni ambientaliste sarde: da Italia Nostra al Wwf, da Legambiente al Gruppo di intervento giuridico. Denunciavano la nomina come rappresentante delle associazioni ambientaliste all’interno della Commissione Paesaggio di tale Alberto Piras, un ingegnere del tutto sconosciuto agli ambientalisti nonché presidente di un non meno sconosciuta associazione denominata “Ambiente è vita Sardegna“.

La nomina suscitò sorpresa e indignazione. E il sospetto che la Regione avesse deciso di mettere nella Commissione paesaggio una persona di fiducia per evitare di trovarsi tra i piedi, nell’elaborazione del nuovo Piano paesaggistico, qualche rompiscatole. D’altra parte – segnalarono le associazioni ambientaliste “vere” – i candidati non mancavano. Se ne erano presentati due: Vincenzo Tiana, presidente di Legambiente, e Maria Paola Morittu, di Italia Nostra. Personalità impegnate da sempre sul fronte della tutela dell’ambiente.

C’era molta fretta nella maggioranza del governo regionale di realizzare il “nuovo Ppr”, destinato a diventare una degli argomenti della campagna elettorale. E questa fretta determinò una serie di pasticci. La procedura prevedeva che le associazioni ambientaliste indicassero una terna di nomi nell’ambito della quale la Regione avrebbe dovuto scegliere il nuovo membro della Commissione paesaggio. La richiesta fu avanzata il 28 febbraio del 2012 con l’avvertenza che, per indicare i nomi, c’erano 60 giorni di tempo. Le associazioni, quindi, presentarono le loro candidature. Poi all’improvviso, proprio il giorno della scelta (il 13 giugno del 2012) comparve il nome di Piras che fu designato.

La decisione del gip Altieri di non archiviare il caso lascia aperta l’inchiesta per falso. Ma la sostanza politica della vicenda è chiara da tempo: il “nuovo” Piano paesaggistico era ed è troppo importante per correre il rischio di arrestarne il cammino. Poco dopo la designazione di Piras sulle pagine de L’Unione sarda e de La Nuova Sardegna apparvero pagine di pubblicità istituzionale nelle quali – caso unico – la giunta regionale attaccava il Piano paesaggistico vigente e preannunciava il suo cambiamento. Quello di recente deliberato dalla giunta regionale e subito contestato dal ministero dei Beni culturali.

Ma quella sulle procedure adottate per le composizione della commissione Paesaggio non è la sola inchiesta giudiziaria nata attorno all’affannosa elaborazione del nuovo Piano. Due mesi fa si è diffusa la notizia di una visita della polizia giudiziaria negli uffici dell’assessorato all’Urbanistica. Gli investigatori hanno acquisito documenti relativi all’assunzione di consulenti esterni – con un costo di 700mila euro – per il lavoro di revisione del Ppr.

Una nuova inchiesta dunque. Che in qualche misura si sovrappone a quella che si è conclusa col rinvio a giudizio di Marco Melis, direttore generale della pianificazione urbanistica, e di altri due dirigenti per tentata truffa e falso. Sono accusati di aver tentato di distribuire tra il personale della Regione una serie di premi (per un totale di 900mila euro) per l’attività di revisione del Piano paesaggistico nel biennio 2009-2010. Solo che, quando la delibera era stata già firmata, si scoprì che i beneficiari degli incentivi non avevano prestato alcuna attività lavorativa per quella finalità.

N.B.

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