Fondi gruppi, lettera di Diana dal carcere: “Nessuno si è fatto vivo. Ma io sono innocente”

Mario Diana, l’ex capogruppo del Pdl rinchiuso nel carcere di Massama (Oristano) dal 5 novembre, ha scritto una lettera ai colleghi. “Io sono innocente, ma solo uno di voi si è fatto vivo”.

La lettera di Diana continua così: “Un mese di accuse, un mese di fango, un mese di orrore. Sono innocente, ho avuto tanti attestati di solidarietà. Ma una sola voce ha taciuto: quella voce è quella vostra, onorevoli colleghi”.

Diana, finito in manette per le presunte spese pazze di Rolex, Montblanc e libri antichi che sarebbero state fatte con i soldi pubblici, ribadisce la propria estraneità ai fatti e assicura che “la verità trionferà“.

Contro i colleghi, Diana – seppure sospeso dall’incarico per via della legge Severino sull’anti-corruzione – ha parole durissime. “Ho assistito – si legge – al silenzio della politica. Per giorni ho sperato che la vostra voce si levasse per impedire o attenuare il linciaggio mediatico di cui sono ingiusta vittima. Invece non una voce, non un commento, non un segno di pietà per me o per la mia famiglia. Uno solo di voi ha telefonato a mia moglie, e uno solo di voi ha portato la sua solidarietà ai miei figli. Grazie! Vi sarò eternamente grato”.

Nella lettera si legge ancora: “Il silenzio è stato assordante e ha reso un’intera classe politica estranea alla società e l’ha fatta apparire all’opinione pubblica come un parassita. Un virus causa di tutti i mali della nostra terra. Si è preferito cedere alle lusinghe del populismo per nascondere la propria incapacità. I cittadini ci hanno eletti con la loro scelta ed è a loro che dovevamo le risposte. Tacendo si è deciso di lasciare ad altri il destino della Sardegna, e così si è ceduto ai demagoghi e ai populisti, ai ruffiani e ai fabbricatori di menzogne. Siamo diventati il nemico degli elettori e non più la loro espressione”.

Quanto alle scelte politiche, Diana ha scritto: “Non mi pento di aver tolto la mia fiducia al presidente Cappellacci, non mi pento di aver contribuito a cancellare la doppia preferenza di genere. Non mi pento di aver chiesto il voto segreto. Non mi pento di essere andato spesso contro corrente. Ho svolto il mio incarico con dignità e rispetto, lottando per ciò in cui credevo, dicendo sempre ciò che pensavo. E invece, non una parola, non un commento. Ebbene sappiate che combatterò questa battaglia giudiziaria così come ho sempre combattuto in Aula. Non mi tirerò indietro, cosciente che sono qui per colpe che non ho commesso ma che soprattutto sono qui per ognuno di voi, e per ognuno di quelli che vi hanno preceduto”.

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