Expo e maialetti, l’assessore Falchi: “Soluzione precotto, Roma dica sì”

Elisabetta Falchi ha perorato la causa e adesso attende il via libera dalla ministra Lorenzin. “Non chiediamo deroghe, ma il rispetto dal regolamento Ue”.

“Sono abbastanza certa che il ministro Lorenzin permetterà alla Sardegna di partecipare all’Expo anche coi maialetti”. Elisabetta Falchi, l’assessore regionale all’Agricoltura, è andata a Roma per perorare la causa. La soluzione è la versione precotta, “visto che ce lo permette un regolamento comunitario del 2002”. Escamotage di legge, ed eccola la carne a prova di peste suina con una procedura di termizzazione a ottanta gradi.

Assessore, allora, come si sta evolvendo la grande querelle Expo e maialetti?

Sono in costante interlocuzione col ministro della Salute. Vero che in Sardegna abbiamo l’annoso problema della peste suina, ma il 50 per cento delle nostre aziende di settore, circa 8mila, è certificato e controllato. Io ho il dovere di difendere quelle imprese, perché sono una risorsa economica.

Lei li ha mai mangiati i maialetti precotti?

Li ho cucinati e mangiati.

Come sono?

Ottimi. Non perdono le proprietà organolettiche, né la croccantezza. È di alta qualità pure la confezionatura: i maialetti vengono messi sotto vuoto con le foglie di mirto.

La Lorenzin che dice?

Attendiamo il via libera dal ministero. Come Regione abbiamo sollecitato la soluzione del precotto perché lo consente un regolamento comunitario del 2002, recepito in Italia nel 2005 attraverso un decreto legislativo. La norma prevede che le carni soggette a virus siano trattate con la termizzazione: annulla qualsiasi rischio sanitario, al pari della lunga stagionatura. In Sardegna, peraltro, la peste suina ha imposto alle aziende requisiti di biosicurezza altissimi, con standard superiori al resto dell’Italia e dei Paesi Ue.

Peste suina scoppiata per la prima volta nel ’78 e non ancora debellata. Sono 37 anni, segnati dal blocco delle esportazioni. Eppure i sardi si sono indignati solo ora, sull’onda dell’Expo.

In realtà quello stop è stato sospeso dal 2005 al 2011. Poi la recrudescenza del fenomeno ha imposto un nuovo fermo.

Non trova che è diffusa una certa tendenza tutta isolana a piangersi addosso?

Non è piangersi addosso, ma il contrario. Nel settore suinicolo raggiungiamo un livello di eccellenza che l’Unione europea ci consente di tutelare. Non stiamo chiedendo deroghe, ma l’applicazione della legge. Ci sono aziende che hanno investito tante risorse per convivere con la peste suina e proteggere i propri allevamenti dal contagio. Portare i maialetti all’Expo è un’occasione per sviluppare nuovi mercati.

Sono tutti sardi i maialetti che si vogliono portare a Milano?

Al momento la produzione strettamente isolana raggiunge il 30 per cento. Il resto sono suini che arrivano dall’Olanda, dal Belgio e dalla Spagna e vengono allevati nell’Isola.

La Lorenzin quando ha intenzione di rispondere?

Speriamo presto. Non può essere che il ministero blocchi i maialetti termizzati e ammetta all’Expo la carne di coccodrillo in arrivo dallo Zimbabwe e di cui non si conosce assolutamente nulla, nemmeno su eventuali rischi sanitari. Ripeto: quel via libera che chiediamo non è un regalo, ma ci spetta. Alle aziende serie non si può chiudere la porta in faccia. Il ministero fa parte dell’unità di crisi istituita da questa Giunta per debellare definitivamente la peste suina. Hanno potuto verificare, attraverso i propri tecnici, gli strumenti messi in campo per eradicare la malattia.

A proposito: in un’intervista a Sardinia Post, il veterinario Andrea Sarria ha detto che la peste suina non è mai stata debellata perché la politica non ha voluto adottare misure severe contro gli allevamenti clandestini, cuore del virus. È d’accordo?

L’unità di crisi, che oltre al ministero mette insieme gli assessorati all’Agricoltura, alla Sanità e all’Ambiente, si muove esattamente in quella direzione: contro gli allevamenti clandestini sono previsti incentivi per il benessere degli animali. Bisogna imparare a essere allevatori virtuosi.

Il problema, però, è anche la singola scrofa infetta tenuta in un terreno di famiglia, giusto per avere i maialetti a Natale e le salsicce tutto l’anno. In questi casi come si interverrà?

Intanto c’è l’obbligo di tenere gli animali in spazi recintati, quindi si azzera il rischio di contatto con i suini sani. Ma sarà ferma la lotta agli allevamenti clandestini soprattutto attraverso il depopolamento. Vuol dire l’abbattimento dei capi infetti.

Gesuino Muledda, il presidente dei Rosso Mori, il suo partito, la soluzione anti-peste suina l’ha lanciata: propone premialità per chi alleva animali sani e non più incentivi a chi le bestie malate.

Nel nuovo Piano di sviluppo rurale le misure per il benessere degli animali sono state previste proprio con questa logica: il reddito non può essere l’incentivo in sé, ma l’aumento della produzione e della produttività che si riesce a garantire con le premialità.

Non trova che 37 anni di peste suina siano anche un segno di arretratezza culturale?

Ogni meccanismo virtuoso va innescato, ed è esattamente quello che sta facendo la Giunta. La peste suina, in questi 37 anni, ha reso sempre difficile pure l’accesso al credito. Si aggiungano le lungaggini negli interventi: in presenza di un focolaio, un’azienda rischia di chiudere anche per quattro mesi. Sono tempi che mettono in ginocchio un’impresa. In attesa di arrivare all’eradicamento, l’unità di crisi ha anche il compito di gestire in tempi rapidi ogni emergenza.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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