È la linea Maginot delle cliniche private, il confine tra l’imprenditoria che chiede e la politica chiamata a decidere. Lobby l’una, Casta l’altra, tenute insieme anche dal filo della massoneria. Con sarti d’eccezione. Sempre gli stessi, per decenni, fino al 2006. Intanto il Gran maestro Armandino Corona più la scuderia catto-comunista in salsa sarda. Ovvero, Giorgio Oppi, Paolo Fadda ed Emanuele Sanna. Democristiani fino al midollo i primi due, rosso (senza pentimenti) il terzo. Poi sono arrivati i milanesi di Segesta che hanno cambiato la geografia della salute convenzionata: all’inizio saldandosi con gli imprenditori locali, poi rilevando quote societarie. Un taglia e cuci dove la falce e il martello hanno perduto terreno a vantaggio dello scudo crociato. Oggi nelle case di cura non si parla più soltanto sardo, ma sono stati gli “oppiani” a indirizzare i nuovi assetti. Con due nuovi fedelissimi davanti a tutti: i Tidore. Giorgio il padre e Marcello il figlio, sentinelle di una torta da 100,5 milioni, sui 3,48 miliardi che è il costo della sanità isolana.
NUMERI DEL POTERE. Il conto è presto fatto: i forestieri della sanità privata controllano il 45 per cento delle proprietà. In testa, senza rivali, la Segesta che ha messo il cappello su quattro strutture: due a Cagliari, la Lay e la San Salvatore, più “Città di Quartu” e Polispecialistica Sant’Elena. Insieme valgono un terzo dei 1.300 posti letto totali. Si aggiunga la casa di cura Tommasini, a Ierzu, che è in mano ai padovani del File group.
L’ESORDIO. È un ingresso morbido, quello di Segesta. Meglio: per come i lombardi cominciano (fanno da cassaforte con una sorta di gestione parallela), nulla lascia presagire una scalata tanto rapida. Un’ascesa poggiata anche sui crac altrui, come quello della famiglia Ragazzo. Cioè, l’ex dominus delle cliniche cagliaritane, prima con la Lay, cui seguì l’acquisizione della Maria Ausiliatrice (venduta proprio a Segesta e poi definitivamente chiusa).
LO SPARTIACQUE. Sul calendario è il 2006. I milanesi agganciano il business isolano perché i Ragazzo avrebbero sarebbe bisogno di un altro come Paolo, il medico capostipite, ma in famiglia manca. Fu il dottore, classe 1925, a importare per primo, in Sardegna, il litotritore. Ovvero l’apparecchio che disintegra i calcoli al rene e alla cistifellea, senza bisogno di bisturi. Una macchina da soldi. Fatto sta che, senza Paolo, i Ragazzo arrivano ad accumulare sessantacinque milioni di debiti. Il 13 marzo 2009 il Tribunale di Cagliari rispedisce al mittente la richiesta di concordato preventivo: l’impero è sepolto. Per sempre.
L’IMPREVISTO. Quando Segesta comincia ad affiancare i Ragazzo, le cliniche da gestire sono quattro e si estendono fino a Nuxi, il borgo sulcitano che ospita la Rosa del Marganai, gettonatissima casa per anziani. I signori della Lay controllano pure la “Città di Quartu”. È qui che si consumano colpi di scena e rivoluzioni societarie. Quindi: entra in gioco Antonio Macciotta, imprenditore di Iglesias, la città-roccaforte di Giorgio Oppi, uno senza bisogno di presentazioni, di certo ex potentissimo assessore regionale alla Sanità. Macciotta, amico di Oppi, diventa il padrone della clinica. Ma nel 2010 il crac, e poi l’arresto a febbraio di quest’anno. In manette finisce pure Sergio Porcedda, ex patron del Bologna calcio, ugualmente legatissimo a Oppi. Macciotta e Porcedda – che per un breve periodo prendono la “Rosa del Marganai” – sono accusati di aver messo al sicuro un tesoretto da tredici milioni.
ASSE A SORPRESA. Intanto sulla scena irrompe la famiglia Scanu, quella del più famoso Alberto, attuale presidente di Confindustria Sardegna. Sono loro a rilevare l’ex Diran di Quartu, per trasformarlo nella Polispecialistica Sant’Elena. Il braccio di ferro con la Regione è durissimo: ci vogliono anni per ottenere l’accreditamento. Ma alla fine l’ok arriva. Nel frattempo gli Scanu stringono un patto societario con Macciotta e insieme fondano la Kinetica Sardegna che fa shopping dai Santa Cruz, comprando la casa di cura San Salvatore. La saldatura sardo-milanese è compiuta.
ULTIMO ATTO. Il lieto fine, però, è solo lombardo: la Kinetica fa gola a Segesta che la infila nell’omonima holding e la porta sotto il proprio ombrello societario. I milanesi, in sequenza, rilevano la “Città di Quartu”, la Polispecialistica Sant’Elena e la San Salvatore, sebbene cedano, nel 2011, la “Rosa del Marganai”. Business non solo consolidato, ma addirittura allargato alla residenza sanitaria San Nicola, a Sassari, costola del Gruppo dal 2006. Perché quelli arrivati dalla Madonnina, vien da sé, non badano a spese.
Alessandra Carta
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