INCHIESTA/ Cliniche private sarde, dieci su undici sono “fuori legge”

Sono fuori legge. Tutte tranne una. Cioè, dieci cliniche private su undici. Da Cagliari a Quartu passando per Oristano e Sassari. Lì dove muratori e geometri hanno tempo fino a marzo 2014 per allargare le camere troppo piccole e rifare gli impianti antincendio. Ma la stretta non risparmierà sale operatorie e barriere architettoniche.

LA LISTA NERA. Eccola, allora, la top ten degli irregolari, cliniche che restano aperte solo perché, sulla carta, hanno promesso di correggere i vizi strutturali. In buona sostanza, patron e azionisti si sono seduti al tavolo con mamma Regione concordando un piano di adeguamento. A Sassari figura il Policlinico di viale Italia, a Ierzu la Tommasini, a Oristano la Madonna del Rimedio. Il resto è su Cagliari e dintorni, con Villa Elena, Lay, Sant’Anna, Sant’Antonio e San Salvatore (riaprirà a gennaio 2014). Completano la rosa la Polispecialistica Sant’Elena e la Città di Quartu. L’unica promossa fa il paio con la struttura di Decimonannu.

LA QUERELLE. La partita delle cliniche è questione di certificati da ottenere, carte bollate indispensabili per mettere in tasca l’accreditamento definitivo. A conti fatti, un bollino di qualità e sicurezza, roba che è legge dal 14 gennaio ’97. Ma in Sardegna le case di cura hanno superato indenni il passaggio da un millennio all’altro, a colpi di deroghe. Andrea Pirastu minimizza, lui il presidente dell’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), cioè la Confindustria delle cliniche (sebbene non l’unica nel settore). «I lavori sono a buon punto e li stiamo pagando di tasca nostra». Quindi: «Siamo i primi a volere il rigore dei servizi, ma finirà che i lazzaretti saranno gli ospedali pubblici, però lì nessuno mette naso e controlla».

LA TELENOVELA. Pirastu non può che essere di parte (la sua famiglia è proprietaria di Villa Elena). Ma nell’eterna lotta tra sanità pubblica e privata, il presidente vuole evitare la caccia alle streghe verso le case di cura, posti letto multipiano dove la Regione sposta ogni anno un centinaio di milioni. L’assessore sardo alla Sanità era Paolo Fadda (quota Ppi allora, attuale sottosegretario nel governo guidato da Enrico Letta), quando la giunta all’epoca presieduta da Federico Palomba mise nero su bianco «requisiti e procedure per l’accreditamento delle strutture sanitarie». L’obbligo fu imposto da Roma, per via del decreto datato ’97, l’equivalente di un valzer che ancora si balla.

E non è detto che finisca tra ventuno mesi. Pirastu non ne fa mistero: «Certo, potrebbe succedere che la Regione decida una nuova deroga». Ovvero, ennesimo rinvio di una storia molto italiana, dove le transizioni verso la legalità durano anni, a volte decenni. Non senza paradossi. Il decreto Fadda-Palomba venne firmato il 4 giugno del ’98. E si leggeva: «Sta per giungere a scadenza il termine del 19 febbraio ’98, entro il quale bisogna dare attuazione alle disposizioni riguardanti gli accreditamenti». Tant’è: dopo Palomba, in Sardegna hanno governato Mauro Pili, Gian Mario Selis, Mario Floris, ancora Pili e Italo Masala. Cioè, tutti i colori della politica, ma sulle regole per le cliniche zero passi avanti.
PASSAGGI A VUOTO. Un’illusione arrivo con la giunta guidata da Renato Soru, con Nerina Dirindin a capo della Sanità. Doveva essere lo stop all’anarchia, a tappe forzate, entro due anni. Tutto scritto nella Finanziaria 2007 che «dal 1° gennaio 2008» metteva fine «agli accreditamenti transitori non confermati in provvisori», a loro volta bloccati «dal 1° gennaio 2010 se non convertiti in definitivi». Un’illusione, appunto. Da allora, di nuovo, c’è solo un’altra perla della politica, stavolta votata dalla giunta guidata da Ugo Cappellacci, ai tempi dell’assessore ex pidiellino Antonello Liori (oggi Fratelli d’Italia). Nella delibera 47/43 del 30 dicembre 2010 si legge: «È prorogato fino al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale concludere il processo per l’accreditamento definitivo delle strutture private». Insomma, ventiquattro ore di respiro in più che, ovviamente, non hanno cambiato nulla. Non solo. Il 13 aprile 2011 la Regione si è accorta di non aver «ancora attivato la procedura informatica», per ricevere le domande dalle cliniche. Così il nuovo rinvio. Le irregolarità sono state messe al sicuro. Con certezza fino a marzo 2014. Poi non si sa.

Alessandra Carta

LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI DELL’INCHIESTA SULLA CLINICHE PRIVATE: 1) IL COSTO PER LA FINANZE DELLA REGIONE SARDA. 2) IL PICCOLO MANUALE PER I RICOVERATI

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