Insar spa, lo strano caso dei compensi: soldi in più alla manager dimissionaria

È tutto online, sul sito istituzionale di Insar, la spa partecipata dalla Regione e rimasta senza guida dopo l’addio dell’amministratrice delegata, Paola Piras, che ha lasciato l’incarico lo scorso 16 maggio. Adesso risulta che, rispetto al precedente manager, Antonello Melis, fedelissimo dell’ex governatore Ugo Cappellacci, l’Ad dimissionaria prendeva un compenso maggiore.

La ricostruzione si può fare andando sulla finestra ‘Trasparenza’ del sito, dove sono pubblicati anche gli emolumenti dei dirigenti. Si riferiscono alle figure apicali dell’Insar. E oltre alla Piras, ci sono il presidente del Cda, Romano Benini, e il consigliere Luca Spissu. L’uno è il rappresentante di Anpal Servizi, il braccio operativo dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, ovvero socio di minoranza col 44,61 per cento di quote; l’altro è stato nominato dalla Regione che nella spa detiene la maggioranza del pacchetto azionario, col 55,39 per cento.

Per tutta la durata del mandato, cioè dal 16 ottobre 2017 e sino alle dimissioni di due settimane fa, la Piras, nominata dall’ex governatore Francesco Pigliaru, ha preso 108mila euro; Melis, il predecessore, non è andato oltre i 96mila euro.

Come in ogni società pubblica che si rispetti, i compensi di un dirigente vengono decisi dal Cda. Che all’Insar è appunto una terna, la quale dispone di un budget fisso pari a 140mila euro. Ai tempi di Melis, la somma era così divisa: 96mila euro per l’amministratore delegato che incassava 84mila euro per la carica di Ad e 12mila per quella di consigliere. Al presidente, che allora era Giuseppe Grillo, erano assegnati 32mila euro, di cui 20mila per la guida del Cda e altri 12mila come remunerazione aggiuntiva per lo svolgimento di alcuni compiti specifici. A quota 140mila si arriva aggiungendo i 12mila euro dati al terzo consigliere.

Nella gestione Piras, la distribuzione del budget è cambiata in questo modo: l’indennità della manager dimissionaria è salita a 108mila euro perché l’indennità di amministratrice delegata è stata aumentata da 84mila euro a 96mila. Cifra, questa, a cui vanno aggiunti i 12mila euro di compenso per l’incarico di consigliere. Contestualmente è stato falciato il compenso del presidente che è passato da 32mila euro a 20mila. In buona sostanza al numero uno del Cda – Benini nella fattispecie – sono stati tolti i 12mila euro di remunerazione aggiuntiva. Anche in questo caso si arriva al totale di 140mila euro con i 12mila euro del terzo consigliere (nelle immagini sotto le differenze di compensi tra le due gestioni).

Invariata nel tempo, invece, l’applicazione della Legge nazionale di stabilità 2015, che ha imposto una decurtazione del 20 per cento alle retribuzioni di tutti i top manager pubblici. Compresi quelli dell’Insar, il cui budget da 140mila euro include il taglio (la somma era originariamente di 175mila euro).

Al momento il destino dell’Insar sembra appeso a un filo: la società rischia di essere messa in liquidazione. L’assemblea straordinaria è convocata per martedì 4 giugno, proprio per decidere il da farsi. E lunedì c’è l’incontro tra la Regione e i sindacati, perché in caso di chiusura restano senza lavoro in quindici. La Giunta sarà rappresentata da Alessandra Zedda, l’assessora al Lavoro cui spetta la super visione della partecipata. La Zedda, vista la crisi societaria, ha messo l’Insar in cima alla propria agenda politica.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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