Contro la crisi, la pesca è miracolosa: 20 milioni per il distretto del tonno

Il consorzio Biotecnomares ci prova: venti milioni di euro (e 500 posti di lavoro) per il distretto del tonno.

Pesca e acquacoltura languono. Eppure la Sardegna, con i suoi 1.800 chilometri di coste e un sistema lagunare diffuso, avrebbe tutte le carte in regola per utilizzare e sviluppare questa enorme risorsa economica. Invece, oltre il 70% del fabbisogno viene importato dall’estero. Solo pochi mesi fa i pescatori delle tonnare di Carloforte e Portoscuso si sono ritrovati le reti piene di pregiato tonno rosso, ma non l’hanno potuto pescare perché mancava il decreto di attribuzione delle quote da parte del ministero. Risultato: oltre mille esemplari hanno nuovamente proseguito il loro viaggio, con una perdita secca di circa un milione di euro. È da queste semplici considerazioni che nasce l’idea dell’istituzione di un distretto del tonno (sarebbe il primo in assoluto al mondo). Ci ha pensato il consorzio Biotecnomares in associazione con le Università di Bari, Bologna, Salerno e Genova. Investimento totale: 20 milioni di euro.

Il consorzio però non si limita ad avanzare la proposta di istituzione del distretto del tonno ma sollecita anche la regolamentazione del settore ittico: “In Sardegna, unica regione italiana, manca ancora una legge organica di riforma del settore – dice Daniela Cacciuto, del consorzio Biotecnomares, laurea in chimica e anni di esperienza nell’acquacoltura -. In consiglio regionale il testo unificato di regolamentazione del settore è rimasto chiuso in un cassetto per quasi tre anni. Finalmente il 5 agosto la Giunta regionale ha licenziato il provvedimento che permetterà l’avvio del progetto. La Sardegna è il luogo ideale per l’allevamento ittico e per l’acquacoltura, per questo il distretto del tonno e degli altri settori ittici è una opportunità da non trascurare”.

Il progetto della Biotecnomares abbraccia anche altri campi. “Essenziale è il ruolo della ricerca scientifica applicata all’attività ittica – continua Cacciuto – con l’utilizzo di quelle professionalità come il biologo, l’ittiopatologo, il naturalista, il chimico, oggi ai margini del tessuto economico e produttivo, figure professionali fondamentali anche per la difesa dell’ambiente marino e delle risorse ittiche, oggi a rischio per i metodi di pesca non selettivi e, a volte, perfino distruttivi, con danni enormi sulla riproduzione di specie pregiate, presenti nei nostri mari, come la cernia bruna o l’aragosta cubana”.

“La ricerca sull’allevamento in cattività del tonno e di altre specie ittiche – afferma la studiosa – ha già dato esiti favorevoli e molto promettenti. Le nostre proposte vanno dall’istituzione del Dipartimento regionale dell’economia ittica, come peraltro già realizzato nelle altre regioni italiane, alla riorganizzazione dei vari compendi lagunari sotto la supervisione degli enti di ricerca; l’istituzione del distretto del tonno del Sulcis (esistono già delle collaborazioni con la Società Tonnare Sulcitane); la costruzione di un ecocentro a Sant’Antioco per lo smaltimento del pescato sotto taglia, che dal 2015 sarà vietato rigettare in mare, materia prima per la produzione di mangime ittico; la creazione di filiere produttive che garantiscano qualità e specificità del prodotto sardo con l’istituzione del marchio Dop per le vongole di Marceddì; il polo dell’anguilla nella laguna di Santa Giusta; il polo del cefalo e della bottarga Dop nella laguna di Cabras; il polo d’eccellenza della molluschicoltura per le cozze autoctone, le vongole e i tartufi di mare della laguna di Santa Gilla; infine la filiera dei crostacei”.

A Portoscuso, il progetto prevede la creazione di un grande centro di ricerca per l’allevamento dei grandi pelagici ma anche di specie pregiate di stazza minore, mentre a Gonnesa è stata individuata l’area dove troverebbero posto le vasche per l’avannotteria. Il 3 settembre inoltre è previsto un primo incontro con l’amministrazione comunale di Portoscuso per affrontare l’argomento. “Con il Cnr (Centro nazionale delle ricerche) – conclude Cacciuto – stiamo anche testando nuovi sistemi per la produzione di energia marina, oltre quella che verrebbe prodotta dalle biomasse provenienti dagli scarti di lavorazione. Il Sulcis, insomma, potrebbe diventare la capofila di una piattaforma mediterranea per la filiera del tonno, con un grande mercato internazionale in continua espansione e una ricaduta occupazionale stimata in circa 500 unità oltre alle attività collaterali per niente trascurabili e un investimento da oltre 20 milioni di euro”. Di questi tempi, per la Sardegna, una bella boccata d’ossigeno.

Carlo Martinelli

 

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