Pastori a Cagliari, la Coldiretti: “Produrre in Sardegna costa caro”

Prezzi più alti per concimi e gasolio, ma anche per mangime e foraggi. Risultato? Coltivare e allevare in Sardegna costa in media il 15 per cento in più rispetto al resto d’Italia. Questa l’analisi fatta dalla Coldiretti alla manifestazione di Cagliari (foto di Roberto Pili), dove sono arrivati pastori e agricoltori da tutta l’Isola per difendere il prezzo del latte (leggi qui) e protestare contro il pecorino taroccato (leggi qui).

Secondo l’ufficio economico dell’associazione, nell’Isola concimi sono più cari dell‘8 per cento, i mangimi del 10 per cento, il gasolio agricolo del 16 per cento e il foraggio del 20 per cento. Si aggiungano “i collegamenti insufficienti”. Quindi “sul piano sociale – spiegano da Coldiretti – è più alto il rischio spopolamento nelle aree interne”. A frenare lo sviluppo anche “i limiti sanitari nel caso del maialino sardo, fermo dal 2011 , sebbene esportabile dall’anno scorso nella variante termizzata”, dicono ancora dall’associazione.

Quanto ai costi e ai tempi di trasporto, “ne fanno le spese soprattutto carciofi e vini. per questo è necessario rimuovere gli ostacoli strutturali – ha detto il presidente nazionale Roberto Moncalvo -. Si tratta di gap che impediscono di esprimere le enormi energie imprenditoriali presenti nell’agricoltura sarda che sta dimostrando grande capacità di innovazione”. Il numero uno di Coldiretti ha suggerito una strada: “È necessario sostenere un modello di sviluppo agricolo che sappia cogliere le nuove domande di sostenibilità ambientale e sia capace di integrarsi virtuosamente con il turismo”.

Alla manifestazione, seguita da un convegno, è intervenuto anche il viceministro dell’Agricoltura, Andrea Olivero. “Lo dicono i dati, non è una boutade: latte e formaggio sardo sono produzioni di eccellenza. Guarda caso i consumatori chiedono pecorino sardo, non romeno. Chiedono prodotto sardo”. L’esponente del governo Renzi ha poi rilanciato: “Il primo impegno è la tracciabilità dei prodotti. E poi dobbiamo costruire un rapporto di filiera: vogliamo che tutti facciano la loro parte. La rabbia di oggi deriva dal fatto che qualcuno non fa la propria parte. Il valore aggiunto della trasformazione dipende dalla qualità e dal lavoro dei pastori. Tutto si retribuisce in considerazione di ciò che c’è dietro: lavoro, cultura e tradizione“. L’altro obiettivo “è migliorare nell’export e nell’internazionalizzazione. La nostra competizione non è nei grandi numeri, non li abbiamo. Noi dobbiamo puntare sulla qualità”.

Alla manifestazione alla Fiera ha partecipato anche il presidente della Regione, Francesco Pigliaru. “Bisogna preservare – ha detto – la qualità per venderla fuori, il chilometro zero va bene, ma non basta. Viviamo tra le macerie dell’industria per molti decenni è stata dimenticata l’agricoltura. Oggi lo capiscono tutti, è stato un errore. Dobbiamo puntare sull’industria leggera del digitale. E sull’agricoltura che può vendere la qualità al resto del mondo. E quale migliore testimonianza di qualità della longevità? La Sardegna – ha concluso – viene guardata con interesse per questo nostro primato. Qualità sì, ma qualità da far conoscere. Ma bisogna fare tutto in squadra,
nessun conflitto”.

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