Latte, a Tramatza accordo tra pastori: “Si parte da 80 centesimi, poi un euro”

I pastori sono tutti d’accordo, la controproposta è passata: prezzo minimo del latte a 80 centesimi per arrivare a un euro a regime, cioè quando i 50 milioni messi a disposizione da Regione e Governo per ‘smaltire’ il pecorino romano invenduto sortiranno i loro effetti, facendo risalire le quotazioni dello stesso formaggio e quindi, contestualmente, il prezzo del latte ovino.

Sono questi i dettagli del documento che i pastori sardi hanno sottoscritto poco dopo le 14,30 a Tramatza, nella stazione di servizio, dove è riunito un migliaio di allevatori arrivato da tutta l’Isola. Nella controproposta discussa e votata – si è partiti da una bozza in dodici punti – compare una “griglia di retribuzione minima del latte”, a 80 centesimi appunto, calcolata “in correlazione alla quotazione mercantile dei prodotti lattiero-caseari in generale e di tutte le Dop in particolare”. Ovvero le denominazioni di origine protetta, come nella classificazione del pecorino romano, da cui si determina di fatto il prezzo del latte ovino, dal momento che si tratta della produzione dominante sul mercato.

Nella bozza di Tramatza è stata inserito un esempio: se il formaggio, come nelle “quotazioni delle Camere di commercio di Milano e Cagliari”, si legge, “viene valutato a 6 euro (al chilo)“, in automatico il latte va pagato ai pastori “un prezzo minimo di 80 centesimi“. E così in aumento, a seconda del valore attribuito ai prodotti lattiero-caseari.

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A questo ragionamento si lega il tesoretto che Regione e Governo sono pronti a dare agli industriali per ‘smaltire’ le eccedenze di pecorino romano che hanno fatto precipitare a 60 centesimi il prezzo del latte. Al momento le quotazioni del ‘romano’ sono poco sotto i 6 euro. Ma con il ‘ritiro’ dell’invenduto, il valore è destinato a salire e di conseguenza lo stesso prezzo del latte non potrà che crescere. Anche perché la Giunta, attraverso l’assessore alla Programmazione, Raffaele Paci, ha appena ufficializzato che le risorse a disposizione per le eccedenze possono essere ulteriormente ritoccate da 49 a 50 milioni, tra fondi regionali e nazionali, più quelli del Banco di Sardegna.

Con la “griglia di retribuzione minima” i pastori aggirano l’ostacolo della assenza di garanzie che si ricava dal documento di Cagliari, dove l’aumento del prezzo, oltre i 72 centesimi, è solo un’ipotesi, non una certezza. È “una promessa“, pensano i pastori. I quali non hanno alcuna intenzione di “continuare a essere beffati”, come succede da “quarant’anni a questa parte”, ha detto l’altro giorno un allevatore, Giovanni Chillocci, in un video molto cliccato su Facebook.

A Tramatza la bozza della controproposta ha incassato un consenso pieno: arrivare a un euro è l’obiettivo dell’onda bianca che giovedì 7 febbraio ha cominciato a invadere le strade dell’Isola di latte, “perché è meglio buttarlo anziché venderlo a una miseria”, hanno ripetuto per giorni i pastori che solo sabato sera, quando è finito il vertice di Cagliari, hanno sospeso la protesta.

Adesso la controproposta di Tramatza verrà portata al tavolo di Roma, convocato per giovedì 21, sempre con Regione, Governo, pastori, associazioni di categoria e industriali. Proprio questi ultimi sono adesso chiamati a scoprire le proprie carte. Perché solo loro, a questo punto, possono bocciare il documento dei pastori e contrastare il prezzo minimo a 80 centesimi. E se così dovesse succedere, sarebbe il caos.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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