L’ex Ad Meridiana: “I dipendenti Alitalia hanno bocciato un piano insensato”

Intervista a Gianni Rossi, amministratore delegato di Meridiana dal 2005 al 2010 e un passato anche in Alitalia e AirOne. Il manager legge la crisi e le ricadute nell’Isola.

Gianni Rossi – romano, 54 anni – è stato l’amministratore delegato di Meridiana dal 2005 al 2010, chiudendo i primi tre bilanci in attivo, il quarto in perdita e il quinto in pareggio (qui una breve scheda professionale). In questa intervista, spiega la crisi del trasporto aereo che, doppiamente, sta interessando la Sardegna: da una parte la stessa compagnia dell’Aga Khan che, dopo 396 licenziamenti e una flotta ridotta da quaranta a dodici aeroplani, attende a giorni il salvagente della Qatar Airways; dall’altra Alitalia, in amministrazione controllata, ciò che nell’Isola mette a rischio 259mila biglietti aggiuntivi previsti per l’estate (foto da www.trasportinfo.com). Dopo l’addio a Meridiana, Rossi, con un passato anche in Alitalia e AirOne, si è poi occupato di finanza e compagnie assicurative, prima col fondo lussemburghese “Altar capital partner“, successivamente nell’Assirecre group, di cui è l’attuale Ad. Il manager romano è tornato di recente nel mondo dei trasporti come consulente: coordina il comitato strategico nella neonata Associazione nazionale piloti (ANP).

Dottor Rossi, sembra una vita fa quando anche una piccola compagnia come Meridiana poteva chiudere i bilanci in utile. Perché oggi la gran parte delle compagnie è in crisi ad eccezione delle lowcost?

Il business del trasporto aereo di linea è molto complesso essendo caratterizzato intanto da variabili di enorme
peso che non sono sotto il controllo del management: si pensi a carburante, tassi di cambio e di interesse, normative
domestiche ed internazionali, rigidità contrattuali ed eventi imprevedibili. C’è poi una concorrenza molto
accesa su scala globale, conseguente alla liberalizzazione dei mercati e alla presenza di compagnie cosiddette di
bandiera, finanziate o aiutate dai rispettivi Stati. Detto questo, più che parlare di compagnie low cost in generale, bisogna soffermarsi su Ryanair che beneficia di una normativa offshore intraeuropea: ovvero sfrutta tutte le libertà del trasporto aereo intraeuropeo, ma senza sopportarne le regole più onerose alle quale sono invece assoggettate le compagnie italiane, francesi e tedesche. E mi riferisco a tasse, contributi sociali ed applicazione degli statuti dei lavoratori.

Significa che colpa della crisi è tutta di Ryanair?

Fino alla metà degli anni Novanta, nel nostro Paese il trasporto aereo era costituito solo da Alitalia e Meridiana. Poi l’ingresso di AirOne nel mercato e appunto il debutto del modello lowcost di Ryanair. AirOne, per un verso, ruppe i monopoli di Alitalia su Linate e sulle tratte domestiche italiane;  la compagnia irlandese, dal canto suo, ci insegnò che, pur di pagare poco, i passeggeri erano disposti, e lo sono tuttora, a trascurare molti comfort del servizio. Quasi potremmo dire, al limite del farsi trattar male.

Trova negativo il fatto che sia il consumatore/utente a decidere tempi e modi della mobilità?

Certamente no. Ma nell’offerta di breve raggio questo cambiamento epocale del profilo dei passeggeri è stato troppo veloce e non pianificato dallo Stato italiano, a differenza di quando avvenuto in Francia e in Germania. La stessa Alitalia rimase completamente spiazzata, perché proprio in quegli anni stava uscendo dal monopolio e cercava di rimettere al centro dei suoi valori la massima cura della clientela e la professionalità del suo personale. Non è una difesa del management Alitalia, al quale è anzi mancata un’efficace strategia di semplificazione delle procedure operative. Inseguire i passeggeri sensibili al colore delle divise indossate dal personale di volo o alla pelle dei sedili o al bicchiere di Coca Cola gratuito a bordo, è lecito. Ma bisogna domandarsi se questi clienti sono mai esistiti. Va tuttavia detto che oggi il prezzo di quella mancata programmazione lo pagano i cittadini, in tre modi: contributi alle low cost, pari a 70 milioni annui; minori incassi su fisco e previdenza, per una cifra stimata in 100 milioni; finanziamenti a pioggia per Alitalia. Finora la compagnia è costata agli italiani 7,4 miliardi di euro, in quarant’anni, dal 1974 al 2014; agli azionisti privati 3,3 miliardi negli ultimi tre anni.

Con questi numeri è molto probabile che i 259mila biglietti aggiuntivi di Alitalia nei collegamenti estivi con la Sardegna non verranno messi sul mercato.

Come tutte le gestioni commissariali, anche quella di Alitalia segue la sola logica ragioneristica. Se le tratte saranno remunerative, Alitalia manterrà quei posti aggiuntivi. Diversamente no.

Come legge la crisi di Meridiana?

Troppo spesso per affrontare i cicli economici negativi, taluni azionisti con bassa propensione agli investimenti e nessuna volontà di cedere il controllo a player più grandi, si sono avventurati, e purtroppo continuano a farlo, nella riduzione di aerei e voli. Invece il business del trasporto aereo è caratterizzato da rilevanti economie di scala e di scopo: vuol dire che la sopravvivenza ed il successo si ottengono solo se si agisce, contemporaneamente, sull’aumento dell’offerta e sulla riduzione dei costi unitari. La storia del trasporto aereo mondiale mostra come nessuna compagnia sia mai sopravvissuta ad un downsizing (ridimensionamento) quando sono stati ridotti il perimetro di attività e le quote di mercato. Così è andata non solo in Meridiana, ma anche in Alitalia: la prima nell’ultimo quinquennio ha ridotto la flotta da quaranta a dodici aerei; la seconda da duecento a centoventi. E i risultati economici sono stati disastrosi.

Conosce i manager del Qatar Airways?

Non conoscono i manager e nemmeno i bilanci della compagnia. La Qatar Airways è un vettore senza capacità industriale: il suo azionista, uno Stato ricchissimo, ha risorse infinite. Loro non stanno sul mercato perché fanno utili, ma si limitano a offrire un servizio e lo fanno al meglio perché non hanno il problema dei costi.

Sul trasporto aereo lo Stato italiano avrebbe dovuto essere più protezionista?

Oggi nel mondo le compagnie in attivo, incluse le low cost, sono solo quelle che hanno quote di
mercato dominanti su alcune direttrici o che beneficiano di aiuti dei Governi. Diretti o indiretti, cioè attraverso attraverso benefici fiscali o regolamentari. In Italia lo Stato non è riuscito a essere neutrale: ha spesso cavalcato le istanze dei territori, favorendo l’ingresso dei vettori low cost sia attraverso la proliferazione degli aeroporti minori sia con l’erogazione di contributi pubblici versati attraverso gli stessi aeroporti.

Lo ha fatto anche la Regione Sardegna con la legge 10 del 2010. L’Ue li ha considerati aiuti di Stato e sedici compagnie dovranno restituire i soldi.

A parte la legittima applicazione della normativa Ue da parte dell’Unione europea, in Italia la prima responsabilità sulla crisi delle storiche compagnie è dello Stato che ha permesso l’ingresso delle low cost anche negli hub di lungo raggio. Si pensi a Fiumicino che oggi è base di ben cinque vettori a basso costo, i quali, in pochi anni, hanno distrutto il modello hub&spoke di Alitalia che nello scalo romano aveva il suo centro principale di armamento. A Francoforte e Parigi, dove Lufthansa e Air France rispettivamente applicano lo stesso schema dell’hub&spoke, lo Stato ha sempre tenuto lontane le low cost. Alle due compagnie è stato dato il tempo di ristrutturarsi ed esse stesse hanno creato vettori a basso cost per il breve raggio. A dimostrazione che anche una compagnia di bandiera può copiare i modelli di business più performanti. Ma servono, nel pubblico, una classe dirigente con capacità di visione e, nel privato, un management competente.

I dipendenti Alitalia hanno fatto bene a bocciare il piano di risanamento?

Penso che il personale Alitalia abbia votato contro un Piano che non ha aveva alcun senso industriale e nessuna prospettiva economica positiva. Sarebbe servito solo a prorogare di un anno l’emorragia. L’idea di ridurre del 25-30 per cento gli stipendi dei naviganti senza alcuna possibilità di sviluppo futura, mi è sembrata davvero molto ingenua e finanziariamente funerea.

L’8 luglio scade la presentazione delle offerte per la nuova continuità territoriale della Sardegna. Meridiana e Alitalia riusciranno a partecipare?

La Qatar Airways sembra intenzionata a fare nuovo investimenti sulla flotta, quindi tutto fa pensare che partecipi nuovamente alla gara. Alitalia deve trovare al più presto un suo equilibrio economico che potrà essere conseguito soltanto attraverso una strategia pluriennale chiara e condivisa con i lavoratori. Andranno rinegoziati tutti i contratti commerciali con Air France, Klm, Delta e la stessa Ethiad. Alitalia si può salvare se se viene ceduta a un player in grado di finanziare un business model sostenibile. A volte per prendere buoni voti, occorre copiare i più bravi. Ma anche copiare bene.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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