Energia, la Sardegna rischia ancora dipendenza e costi alti

Matteo Sau

di Matteo Sau

La Sardegna va a tutto gas, ma il futuro energetico dell’Isola è tutt’altro che definito. Il Decreto Sardegna energia viaggia spedito verso la sua approvazione definitiva, eppure i dubbi restano tanti perché, a sentire il parere delle persone coinvolte, sarebbe stato meglio avere non solo un atto d’urgenza, ma di lungimiranza. È giusto ricordare che il significato istituzionale di un decreto è proprio l’emergenza, ma gli spazi vuoti che rimangono tra le pagine del documento, lasciano presagire un futuro incerto.

Schematicamente, il documento prevede di far fronte alla crisi del gas e alla dipendenza dalla Russia attraverso l’arrivo di Gnl (gas naturale liquido) in tre punti dell’Isola: Portoscuso, Porto Torres e Oristano. Nei primi due porti saranno sistemate due unità galleggianti di stoccaggio (Frsu) mentre nel capoluogo del centro Sardegna ci sarà un impianto di rigassificazione.

Non si parla di Galsi e il progetto pensato per portare il gas naturale dall’Algeria alla Sardegna e distribuirlo nell’Isola con una dorsale per ora rimane ancora congelato. ” È stato un errore averlo interrotto a suo tempo – sottolinea il sindaco di Portoscuso, Giorgio Alimonda -. Il progetto è tramontato perché la Russia dava maggiori garanzie rispetto all’Algeria”.

C’è una sostanziale differenza, infatti, tra il decreto energia e il progetto iniziato nel 2009 e per questo motivo Alimonda, solleva più di un dubbio sulla questione: “Ci sono molte perplessità sulla questione, sia per quanto riguarda il prezzo del gas, sia per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico per le imprese”. Senza considerare poi, nello specifico del centro sulcitano, l’impatto ambientale e di gestione del porto. “Il deposito galleggiante avrà una capacità di 130mila tonnellate di Gnl – spiega – e condizionerà fortemente le attività del porto comprese le tratte per Carloforte”.

Il gas arriva in Sardegna con le navi, viene stoccato dentro i depositi a pochi metri dalla banchina e poi “viene distribuito con i camion per le utenze della Sardegna senza un effettivo beneficio per la riduzione di co2“. Dunque sembra che i provvedimenti non soddisfino pienamente le esigenze isolane, anche dal punto di vista dei prezzi perché “le tariffe sono garantite alla banchina, ma il costo per il consumatore non è sicuro”.

La Sardegna dal 2025 dovrà abbandonare il carbone che, assieme alle biomasse, viene trasformato in corrente elettrica utilizzata da tante aziende: “Nella zona di Portoscuso, sia fabbriche ma penso anche a caseifici, che non vanno a gas rischiano di chiudere. Anche perché l’Enel che ha una centrale a Portovesme, non ha intenzione di adeguare gli impianti per la trasformazione del Gnl”.

Dunque, luci e ombre si addensano sul futuro energetico della Sardegna che rischia ancora una volta di non avere chiaro quale sarà la strada da percorrere e soprattutto quali saranno i costi sia in termini economici che ambientali. L’uscita dal carbone nel 2025 deve essere accompagnata da certezze che, almeno per ora, sembrano non esserci.

La notizia della firma da parte di Giorgetti, trova l’appoggio dalla Cgil Sardegna che, nonostante la piena condivisione del documento, apprezza il fatto che “sbloccherebbe, anche nella versione attuale, una situazione ormai in stallo da troppo tempo”, sottolinea il segretario Samuele Piddiu. Un primo passo perché poi serve “avviare i lavori del tratto sud della dorsale già approvati, in attesa delle autorizzazione del tratto nord”.

Matteo Sau

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