Un’isola infestata dagli zombie: l’omaggio ai b-movie horror anni 70 del sassarese Montixi

Andrea Tramonte

“I morti non ci possono sentire”, dice uno dei mercenari a bordo della barca mentre ride fragorosamente con i suoi colleghi. Insieme a loro viaggia una dottoressa dipendente della Farmaceutical, misteriosa azienda che ha organizzato la spedizione per cercare di capire cosa sia successo nell’isola: il segnale radio non funziona più e nell’ultimo messaggio uno scienziato scomparso parla di morti che camminano, contagiano e divorano i vivi. Ci sono anche la figlia del professore che vuole ritrovare il padre e la sorella, un’altra ragazza con un mitra e un giornalista che riprende tutto in Super 8: è stato assunto per documentare lo stato delle cose nell’isoletta. “A beneficio dell’azienda”, specifica gelidamente la dottoressa. Una volta sbarcati vengono subito attaccati da un manipolo di zombie, affamati e inferociti; e la scena è un trionfo di sangue, dita rosse che spuntano dalla sabbia, sparatorie senza tregua, arti tagliati e grida di terrore, mosse di kung-fu e una violenza volutamente sopra le righe. L’isola dei resuscitati morti è un corto di una ventina di minuti che rappresenta un omaggio filologico all’horror anni Settanta: nelle sue esagerazioni, nel suo kitch, nei riferimenti estetici, concettuali e narrativi che vengono ripresi dal regista – il sassarese Domenico Montixi, classe ’80 – in un racconto incalzante e parecchio divertente. Un gioco postmoderno di citazioni e rimandi che non vuole essere una parodia, ma un atto d’amore sincero e giocoso a una filmografia considerata di serie b ma che ha dato vita a opere di culto e invenzioni creative straordinarie.

“Il cinema horror degli anni 70 è ancora attualissimo – dice il regista a Sardinia Post -. Mai come allora era carico di tematiche sociali, di riferimenti al presente, di critica feroce. Era un frutto diretto della rivoluzione culturale operata alla fine degli anni 60, e i registi veicolavano i loro messaggi attraverso un genere estremamente appetibile al pubblico. Era un cinema di rottura, e credo che in quegli anni abbia vissuto la sua pagina più libera e interessante. Ma era anche e soprattutto un cinema di creatività visionaria, di grande intrattenimento, che inventava con poco, che osava, che sperimentava e che gettava le basi di quello che poi è diventato mainstream”.

Il corto è interpretato da Stefano Deffenu (il giornalista, protagonista anche di Perfidia e I giganti di Bonifacio Angius) con Francesca Cavazzuti (coprotagonista de Tutti i cani muoiono da soli di Paolo Pisanu), Simona Puttolu, Simone Casella, Elio Satta, Mary Jane Mannu, Andrea Damasconi, Orlando Angius e Daniela Vacca. Coprodotto dalla Cineploit di Alex Wank, il film ha già ottenuto numerosi riconoscimenti. Ha vinto il premio come miglior corto – e quello del pubblico – al Tokyo horror film festival, ha trionfato al Fantafestival e in questi giorni ha partecipato a Sitges, festival internazionale del cinema fantastico della Catalogna, unico italiano in gara tra oltre 70 contendenti. Nei giorni prossimi invece sarà a Manchester per il Festival of fantastic films, dove corre per tre diversi premi. 

(Continua a leggere dopo la locandina)

Il cortometraggio è un continuo richiamo alle atmosfere e alle caratteristiche dei film di Lucio Fulci e Bruno Mattei. Dalla colonna sonora impeccabile – di Flai – alla locandina disegnata in perfetto stile horror movie anni Settanta fino alla scelta di doppiare gli autori con un sonoro – a volte anche fuori sincrono, a volte sporco – che “cita”, nei toni e nella dizione, il cinema italiano “retrò”. Il lavoro è nato quando un regista romano chiede a Montixi di girare le scene di un immaginario film perduto da inserire all’interno di un documentario sugli zombie movie italiani e che contenesse il meglio e il peggio degli stilemi di genere: la recitazione a volte forzata, lo splatter incontenibile, l’erotismo gratuito, la critica sociale che a volte emerge in quelle pellicole (e che nel corto si profila nel finale “apocalittico”), ma anche momenti di inaspettato lirismo, come specifica l’autore. “Il mio rapporto con il cinema horror di quegli anni è di rispetto e ammirazione per quei registi che si trovavano, seppur stretti dalla morsa di mille esigenze produttive, a riuscire comunque a tirare fuori oltre che dei prodotti di grande professionalità collettiva – dice il regista -: quella che era la loro distinguibile idea di cinema, addirittura magari il pensiero politico e persino, in alcuni casi, momenti di sincero lirismo degno dei più alti esempi di cinema autoriale”. Il film è un gioco di citazioni nascoste e Montixi ci tiene – in un certo senso – a tenerle nascoste. “La più strana è quella, quasi impercettibile, a Ti voglio bene Denver, il dinosauro dei cartoni animati anni 80. Non dirò mai dove, come e perché, ma chi la trova avrà tutta la mia stima e una spilletta del corto”.

Il lavoro è stato girato tra Platamona, Stintino, Macomer e nella chiesa di Osilo e potrebbe essere in futuro la base per svilupparlo come un lungometraggio. “Stiamo cercando di concretizzarlo – dice Montixi – e di trovare le condizioni soprattutto economiche per farlo, dialogando con le case di produzione”. In questo senso si inserisce anche il rapporto con la Sardegna Film Commission, che è arrivato dopo la creazione del corto ma ora sta supportando il lavoro, in primis sostenendolo nella partecipazione dei festival. “I miei progetti futuri – dice il regista – vedranno in prima linea la Sardegna, le location sarde e perlopiù collaboratori sardi (se ci sarà la possibilità di portarli avanti sul territorio, come vorrei) e in questo senso vorrei cercare di promuovere la nostra Isola nel miglior modo possibile. Ma attraverso una tipologia di opere che in Sardegna faticano a trovare una propria strada produttiva. spero di riuscirci, e magari di aprire la via anche ad altri autori interessanti miei conterranei”. Il riferimento ai talenti sardi vale anche per il cortometraggio, come ci tiene a precisare. In particolare in riferimento alla sua città, Sassari, che negli ultimi anni sta tirando fuori diverse figure interessanti nel campo cinematografico. “Francesca Cavazzuti, che è nel film di Pisanu, nel mio cortometraggio era all’esordio ed è stata straordinaria, ha un grande talento – dice -. Ma è di Sassari anche il resto dei componenti del cast: oltre al mio caro amico Stefano Deffenu, la cui bravura si era già vista in Perfidia di Angius, sono quasi tutti esordienti con delle incredibili facce da cinema e grandi capacità, mi hanno tutti stupito molto. Sul cinema sassarese posso dire che è vitale, e che è un buonissimo segno il fatto che dopo anni di vuoto ci siano già ben due registi che riescono a portare le loro opere al cinema (a parte il ben noto Antonello Grimaldi). Anche Sergio Scavio di recente ha realizzato un film e lo stesso Deffenu ha realizzato di recente un interessantissimo e personale docufilm, e ora sta lavorando al suo prossimo progetto, un lungometraggio”.

Andrea Tramonte

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share