Marina Cafè Noir: tutti i reading, gli incontri e in serata la festa finale

Quinta e ultima giornata, oggi, domenica 6 settembre, per la XIII edizione del Marina Cafè Noir, che prosegue al Villaggio Chourmo tra il Terrapieno e il Giardino sotto le Mura. Come già nei giorni scorsi, il tratto di viale Regina Elena tra Bastione e Giardini Pubblici sarà reso pedonale e chiuso al transito delle auto dalle ore 17.00 all’una di notte.

Alle 10,30 il primo degli incontri della giornata: Dicono che la guerra, conversazione con Fabrizio Lo Bianco e Franco Arba. Presenta Marco Mostallino.

Ne “La casa in collina” Cesare Pavese scriveva “Ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione.” Difficile parlare di Guerra senza, fuori e contro la retorica delle celebrazioni da ricorrenza del centenario della Grande Guerra, difficile parlare di guerra sempre e solo al passato quando pare proprio che la guerra non sia mai finita o che sia sempre intorno. E invece lo si può  e lo si deve ancora fare, e l’impresa diventa più facile se la si affronta con lo sguardo dei protagonisti delle storie di Franco Arba, “Dicono che domani ci sarà la guerra”, ambientate negli anni della prima guerra mondiale e in quelli successivi nella Sardegna dei reduci disillusi e del fascismo, e quella di Fabrizio Lo Bianco, “La guerra di Toni”, ambientata nella Cagliari di fine anni ’50 del Novecento, con sullo sfondo la memoria dei bombardamenti del 1943. Sono storie di ferite che stanno nel profondo, storie di svolte mancate e di accidenti capitati, storie private e storie collettive. Come diceva Walt Whitman, la storia della guerra, quella interiore, quella che rimane nel profondo, non sarà mai scritta nei libri di storia, dove i dettagli di azioni e passioni non saranno mai neppure suggeriti.

Stesso spazio, ma a partire dalle 12, Un ricordo, uno ancora – Sergio Atzeni e un altro 6 settembre, incontro con Gigliola Sulis, Francesco Abate, Walter Porcedda e Daniele Atzeni.

Pensi a lui, seduto sulla sabbia con la chitarra in mano e i ricci lunghi appena mossi dal vento, a cantare “Solitary man” di Johnny Cash nella versione morandiana. Pensi a lui, a come si descriveva nell’ordine sardo, italiano, europeo e quindi, sempre e comunque e innanzitutto, danzatore delle stelle. Pensi a lui con la stessa matita in mano con cui prendeva appunti per un articolo, che avesse sedici anni o trenta o quaranta. Pensi a lui a correggere mille volte lo stesso passo, prima nella mente e poi sulla carta. Pensi a lui nella redazione di Orient Express, a portare con timidezza i suoi primi racconti ad un Loriano Macchiavelli entusiasta di pubblicarli. Pensi a lui in un corteo interno al Siotto o a uno sciopero per l’espulsione di un compagno. Pensi a lui e a quello che avrebbe scritto ancora. Pensi a lui e maledici il mare che se l’è portato via. Ma, come scriveva lui, si può maledire l’acqua, si può maledire una madre? A venti anni esatti dalla sua scomparsa, in un altro 6 settembre, il ricordo amichevole e appassionato di Gigliola Sulis, sua studiosa e curatrice, dello scrittore e giornalista Francesco Abate, del regista e documentarista Daniele Atzeni (autore di “Madre Acqua”, a lui dedicato) e di Walter Porcedda, giornalista e suo amico fraterno sin dai tempi della scuola.

Il pomeriggio del Marina Cafè Noir si apre come sempre all’insegna dell’intrattenimento per i più piccoli. Alle 18, al Giardino sotto le Mura (Teatrino Badas), per MCN/BABY CAPPUCCINO va in scena Il Dodo è tratto!, con Edoardo Demontis.

“Il Dodo è tratto!” è uno spettacolo di strada con un unico attore in scena: Edoardo Demontis in arte Dodo. Lo spettacolo della durata di 40/ 45 minuti è caratterizzato dalla destrezza nella giocoleria e manipolazione di oggetti, ma ancor di più dall’umorismo e dall’improvvisazione, capacità quest’ultima che rende lo spettacolo vivo e interattivo e che porta il pubblico a intervenire e partecipare in un clima quasi “familiare”. Da qualche anno Edoardo Demontis preferisce presentarsi al pubblico senza la maschera del personaggio e quindi in modo totalmente sincero e spontaneo. Questo gli ha permesso di dare vita a spettacoli con un duplice effetto: quello di far divertire il pubblico e soprattutto quello di divertirsi dando vita a uno spettacolo sempre nuovo e unico. Gli attrezzi che predilige sono le clave e gli equilibri come il monociclo (basso e giraffa) ma il suo baule è pieno zeppo di giochi e invenzioni che aspettano solo il momento giusto per essere tirati fuori.

Alle 19, ancora al Giardino sotto le Mura, tocca a Giancarlo De Cataldo, che dialogherà di Criminalità e potere insieme al giornalista dell’Unione Sarda Celestino Tabasso.

“Il potere deve premiare chi ha le idee più chiare e la forza per affermarle”, dichiara in “Romanzo Criminale” il Libanese, fascista da sempre, con la convinzione che tutto si dovesse ridurre a ordine e organizzazione. Non è diverso da lui il Samurai, altro uomo della destra estrema romana e protagonista del romanzo “Suburra”, che crede che prima o poi dovrà fare i conti con “i cittadini”, perché il potere lo si esercita ”contro” e “nonostante”. Il loro potere – è la cronaca dell’ultimo anno a confermarcelo – è esteso nella realtà dell’amministrazione pubblica come nella vita quotidiana, e vive nell’intreccio tra piccoli interessi privati e grandi traffici, maneggi di piccolo e medio cabotaggio e grossa speculazione immobiliare. Fa coesistere quotidianamente ogni genere di traffico illecito e ogni progetto di trasformazione urbana e residenziale, specula sulla disagio e sulla disperazione sociale, la utilizza e la indirizza, la crea e la dirige. Come nella  Roma repubblicana e imperiale di duemila anni fa, la Suburra è il luogo dove il nobile, il ricco patrizio incontra specularmente il plebeo e chi vive di espedienti e di delitto. E con lui tesse le trame innominabili che lo perpetuano nel potere e nel controllo sociale. Sinché non affiora un nuovo protagonista: “i cittadini”, tanto in odio al Samurai. A parlare di criminalità e potere  con lo scrittore Giancarlo De Cataldo, il giornalista Celestino Tabasso.

Per l’appuntamento delle 20 si torna in Terrapieno per l’incontro con Marco Philopat, Andrea Perin e Andrea Staid, presentato da Francesca Fradelloni. Si parlerà di Una città a pezzi – reinventare Milano.

“Cartografare contrade a venire”, sostenevano Deleuze e Guattari. Mappare non per rendere fisse le situazioni, ma per creare linee di fuga, metterle in divenire, in evoluzione. Questo è il programma di Re/search Milano.”Cartografia, ricerca, guida ipertestuale, mappatura di forme e stili di vita molteplici e distanti, eppure in sintonia sensibile tra di loro, in attesa di connessioni impreviste che producono nuove visioni e progetti, formule di socialità, partecipazione e divulgazione dei saperi”. Poco da aggiungere a queste parole uscite su Carmilla online, per spiegare il progetto che ha impegnato oltre centoventi cittadini e attivisti milanesi per l’edizione di questa anomala guida a una città che verrà, edita da AgenziaX in occasione dell’apertura  dell’Expo-Fiera dei miracoli in versione nuovo millennio. Si sa com’è e come va: l’architetto architetta, l’urbanista urbanizza, l’amministratore architetta, urbanizza  e amministra, lo speculatore architetta, urbanizza, amministra e specula. Ma il cittadino può essere sempre l’imprevisto, perché è capace di addomesticare i luoghi e trasformarli e riempirli di un senso non programmato. Due degli autori, insieme allo scrittore, antropologo e architetto libertario Andrea Perin, con il contributo della giornalista Francesca Fradelloni, raccontano una città ricostruita pezzo per pezzo in un non finito puzzle di iniziative, di luoghi sociali, di attività solidali e di comunità.

Alle 21 uno degli tributi più preziosi di questa edizione del Festival: Un amico, a Babele – omaggio a Sergio Atzeni, il reading/concerto/live painting  con Giacomo Casti, Fancesco Medda Arrogalla, Gianluca Dessì e Gianluca Marras Marjani

“Ruggero parla a se stesso: fuggi. Dopo trentaquattro anni ti strappi alla terra dove hai amato, sofferto e fatto il buffone. Ogni angolo di strada testimonia una tua gioia, un dolore, una paura. In cambio sarò libero. La maschera che mi cuciranno addosso, lo straniero, l’isolano, il mendicante, mi nasconderà, occulterà il nome, sarò uomo fra uomini..” Ruggero Gunale è lo stesso Atzeni, per molti versi, che lascia Cagliari e l’Isola e si  strappa a morsi pezzi di passato, per poi ripetere il gesto con tenerezza sempre più sofferta. Alle spalle qualcosa che ama ma in cui non si ritrova. Una svolta, un cambio di prospettiva, un diverso sguardo su sé stesso. Non una fine né tanto meno una resa, semmai un atto di coraggio e di libertà. Nel giorno di chiusura del MCN, in coincidenza con la tragica data della scomparsa dello scrittore, il 6 settembre 1995, non poteva mancare un omaggio di tutto il Chourmo e del pubblico del Festival a uno degli scrittori più letti e amati. Ancora una volta sarà la voce e l’ispirazione di Giacomo Casti a incrociare le parole di Sergio Atzeni e a mescolare il suo fiato con quello dello scrittore cagliaritano, più e più volte portato in scena in altri acclamati reading. Ad accompagnarne la voce, l’eclettico compositore, produttore e musicista Frantziscu Medda Arrogalla, il sassarese Gianluca Dessì, di grande esperienza in ambito etno-folk, e le immagini visionarie e pop di Gianluca Marras “Marjani”.

Altro palco, quello del Terrapieno, altro reading/concerto: Non c’è zuccherificio senza rivolta, con i Camillas e Camilla Soru.

A fare domande a Mirko Bertuccioli e a Topazio Perlini ci si perde da subito. Perché loro sono Ruben e Zagor Camillas, e se gli chiedi dati anagrafici ti rispondono di essere pesaresi ma nati a Treviso, di essere nati nel 1964 ma di non essere dei cinquantenni (ma semplicemente di sentirsi in differita), di essere sempre stati Camillas ma di aver iniziato a presentarsi in concerto come tali solo 11 anni fa. Hanno alcune certezze sicuramente condivisibili: “La vita è tutto un susseguirsi di meraviglie e fossi improvvisi”. La loro musica è stata definita dai critici  “pop-minimal-hardcore”, e di sé dicono: “Ci piace giocare con tutto. Ci piace stupirci e condividere lo stupore.” Per alcuni sono un connubio di dolcezza e demenzialità, di sicuro sono amatissimi da un pubblico eterogeneo, preparato e popolare, intellettuale e curioso. E sono amatissimi da scrittori come Giuseppe Genna e Aldo Nove, con cui sono stati in tour. Il loro romanzo ”La rivolta dello Zuccherificio”, appena edito dal Saggiatore, è la storia del ritrovamento di una raccolta di temi scolastici da parte di una strampalata band in tour in Antartide, che porta ad un continuo affacciarsi di storie, personaggi e figure della letteratura e dello spettacolo strappati alla loro immobilità: da Walser a Musil fino a Minnie Minoprio.. La storia diventa l’occasione per l’attrice Camilla Soru per confrontarsi con loro in un esperimento teatrale e musicale che – ne siamo sicuri – sarà ancora una volta eccezionale e irresistibile.

Ricette scorrette & mozzarelle scappate è il titolo della performance di teatro-cucina a cura di Kenz’e Domu Entertainment,  Andrea Perin e Wolf Bukowski. A seguire la Fiesta Final e il concerto dei Rakìa (nella foto).

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