Violentarono in branco compagno di cella, condannati tre detenuti

Sono state confermate dalla Cassazione le condanne a sei anni e nove mesi di reclusione per Daniele Daga e Paolo Ungredda, e a sei anni e tre mesi per Graziano Congiu, i tre detenuti accusati di aver violentato in branco un compagno di cella procurandogli lesioni mentre erano detenuti nel carcere di Oristano, dopo che lo avevano vessato e aggredito per oltre un mese con bruciature sui piedi e sul corpo, con colpi di asciugamano bagnato e gavettoni di escrementi, dal dieci luglio al 30 agosto del 2010.

La vittima era stata arrestata a giugno per spaccio di hascisc ed era stato messo in cella con gli altri tre che erano già detenuti insieme per rapina, e uno anche per omicidio. C’era anche un altro detenuto che però non ha preso parte alle violenze e si era ‘limitato’ a minacciare il nuovo arrivato. La persecuzione del malcapitato, anche lui sardo, è iniziata subito ed è culminata con il grave abuso del 30 agosto, quando l’uomo è stato immobilizzato e abusato con un cetriolo. I supremi giudici – rileva la sentenza 38660 depositata oggi e relativa all’udienza svoltasi il 22 giugno – hanno confermato le circostanze aggravanti per la situazione di minorata difesa nella quale si è trovata la vittima “in una situazione di prevaricazione da cui non poteva comunque sottrarsi” e hanno respinto la linea difensiva dei tre che sostenevano che si era trattato di “scherzi”.

Le circostanze attenuanti della giovane età, dello scarso livello culturale e del disagio economico, invocate dal ‘branco’ per ottenere uno sconto di pena, sono state respinte dagli ‘ermellini’ che hanno ritenuto giusto negarle “per la gravità dei fatti commessi in un luogo (carcere) deputato alla rieducazione e perpetrati con condotte prevaricatrici”. Con questo verdetto, la Cassazione ha ratificato la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Cagliari il tre ottobre 2016, che a sua volta aveva convalidato la decisione di primo grado del Tribunale di Oristano. I ricorsi degli imputati – che all’epoca dei fatti avevano 24, 26 e 27 anni – sono stati dichiarati “inammissibili” e ciascuno di loro è stato condannato a versare duemila euro di spese di giustizia.

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