A Valledoria braccia aperte per i migranti. Ma pochi vogliono rimanere

Mentre il Presidente della Regione Valle d’Aosta Augusto Rollandin rifiuta 70 migranti da alloggiare nei tanti paesi della valle, in Sardegna una cittadina di poco più di 4mila abitanti come Valledoria si prende il carico di accoglierne più di 50 in una sola volta.

Sono giunti durante la notte: 53 adulti, tutti uomini, tutti molto giovani, visibilmente provati e con “occhi spersi”. Valledoria, la cittadina che ha voluto denunciare nei giorni scorsi le modalità delle politiche di accoglienza dettate dallo Stato, li accoglie con un grande applauso, forse d’incoraggiamento, forse a spezzare la commozione.

“Alcune di quelle persone che durante gli incontri del presidio dei giorni scorsi avevano espresso dei dubbi sull’accettare di buon grado l’arrivo dei migranti nel nostro Comune, ieri notte li ho visti applaudire e piangere commossi” – racconta il sindaco Tore Terzitta.
 Ma la commozione iniziale lascia subito spazio alla realtà mattutina. Alcuni dei migranti giunti a Valledoria, stamattina alle 6 erano già in strada a fare autostop, avvistati dallo stesso sindaco che ha chiamato subito la Questura per capire il da farsi. La Questure risponde che non possono farci niente. Dopo l’avvenuta raccolta dei dati anagrafici e l’assegnazione di un codice identificativo per ogni individuo, la Questura non può impedire loro di muoversi, di andarsene, di lasciare la Sardegna o l’Italia.

“Sono diretti verso il porto, verso il mare. Vogliono raggiungere la Francia, la Germania o la Svezia. Per loro la Sardegna è solo un un approdo provvisorio. Un ponte per l’Europa, per quei Paesi dove sanno che potranno lavorare – spiega il Sindaco – e avere così la possibilità di guadagnare quei soldi che dovranno restituire a chi ha pagato loro il biglietto per lasciare l’Africa e raggiungere l’Europa. “
Una visione diversa da quella che si legge e si sente negli ultimi mesi. “Non son tutti, anzi sono pochissimi quelli che scappano da Nazioni in guerra. Gran parte di loro vogliono lasciare i propri Paesi, come il Ghana, il Togo per migliorare le loro condizioni di vita, ma anche per aiutare con i futuri stipendi i familiari lasciati a casa propria.”

Una migrazione che conosciamo bene, simile a quella dei sardi negli anni ’50-’60 verso l’Eurpa e l’Italia del Nord. Una terra appunto come la Sardegna che non era misera, ma povera e piuttosto arretrata da un punto di vista economico, che spingeva i giovani a cercare condizioni migliori, una vita diversa e sicuramente più prospera. 
“È una migrazione articolata e complessa – continua il Sindaco – noi ci mettiamo il problema di come integrarli ma gran parte di queste persone non vogliono restare da noi. Dobbiamo spostare la nostra azione su cose concrete, su ciò che realmente sta accadendo, sulle tante sfumature di questi processi e non sui fantasmi dell’ISIS e del terrorismo o sulla forzata fuga dalle guerre. “Migranti quindi, non propriamente profughi. “Migranti che hanno bisogno comunque del nostro appoggio, della nostra solidarietà, come in Europa fecero con noi sardi”. 
Il sindaco in una nota indirizzata al Prefetto di Sassari Salvatore Mulas, e pubblicata anche sul suo profilo facebook, scrive “Avrei desiderato essere coinvolto per tempo, per comprendere cosa fosse meglio fare. Non perchè lo consideri un diritto ma piuttosto un dovere dello Stato. Non mi sarei assolutamente sottratto al dovere di solidarietà verso gli esseri umani e verso lo Stato. Avrei potuto svolgere il ruolo di mediatore sociale per raggiungere migliori risultati. Ma hanno prevalso altre logiche, figlie dell’emergenza che mi porteranno a continuare a combattere quella che considero una battaglia di dignità”. Una nota, quella del Sindaco, che punta il dito sull’inefficienza dello Stato rispetto alla gestione dell’accoglienza e che vuole mantenere aperto il percorso dialettico e di analisi sociale intrapreso e tracciato con la sua comunità. Un percorso che sicuramente avrà ulteriori sviluppi, sia a Valledoria che in tutta la Sardegna.

Ornella Demuru


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