Terremoto nelle acque di Villasimius, scossa tra isola dei Cavoli e Serpentara

La scossa è stata impercettibile, magnitudo 1,5 a tre chilometri di profondità, ma non è sfuggita ai costanti controlli dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che col suo Centro nazionale terremoti registra tutti i movimenti della terra. Alle 21.21 di sabato sera la scossa è stata localizzata nelle acque di Villasimius, nel cuore dell’Area marina protetta di Capo Carbonara, praticamente a metà tra l’isola dei Cavoli e quella di Serpentara (nella foto sotto, l’epicentro).

La Sardegna è una terra antica e solida, con bassissimo rischio sismico, ma qualche scossa è sempre stata registrata. La più forte fu nel 2000 a largo di Capo Comino, due scosse di magnitudo 4,2 e 4,8 fecero spaventare migliaia di persone tra la Gallura e le Baronie. A Cagliari il più antico terremoto registrato è quello del 4 giugno 1616, ricordato da una lapide nella sagrestia del Duomo, ma una scossa fu sentita da tutti gli abitanti del capoluogo anche nell’agosto 1977. sempre a causa dei movimenti del vulcano Quirino, al largo di Sant’Antioco, che più volte ha fatto ballare la Sardegna meridionale. Le scosse più recenti erano state registrate nel 2015 sotto Telti, ma nel piccolo centro gallurese nessuno se ne accorse: anche allora solo i sismografi notarono il lieve terremoto.

Sulla scossa al largo di Villasimius interviene il direttore dell’Area marina protetta di Capo Carbonara. “Questi fenomeni sono ovviamente naturali, dovuti al movimento della crosta terrestre ma a livello di impatto sull’ambiente marino costiero e sulla biodiversità non creano problemi – assicura Fabrizio Atzori -. Si parla di una scossa avvenuta a circa 1000 metri tra l’isola di Serpentara e l’isola dei Cavoli, il cui substrato è pressoché fangoso-misto ciottoli con scarsa biodiversità. In quel tratto di mare sono più frequenti i passaggi di balenottere, capodogli, ovvero specie che non vivono a contatto con il substrato”. La profondità del movimento tellurico ha a ridotto i potenziali rischi, che altrimenti sarebbero potuti esserci per i pesci. “Potrebbe essere un lieve pericolo se la scossa avvenisse a basse profondità (30-40 metri) dove abbiamo un elevato numero di specie che abitano a contatto con il substrato oppure nelle immediate vicinanze o egli anfratti (vedi cernie, corvine) – conclude il direttore dell’Amp -. Una rottura di una parte di roccia potrebbe provocare il collassamento di quell’area e  intrappolare gli animali”.

Marcello Zasso

 

 

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