Sciopero della fame di un gruppo di gestori di scuole dell’infanzia paritarie: la protesta è cominciata questa mattina. Nel mirino – si legge in una nota – i ritardi della Regione nell’erogazione dei contributi previsti per l’anno scolastico trascorso.
Ma anche il futuro fa paura: totale incertezza – questo l’allarme lanciato dalle scuole – sulle dotazioni previste per
l’anno scolastico appena iniziato. Numeri non di poco conto, secondo le stime dei gestori: si tratta di 13 mila bambini iscritti e di circa 2000 dipendenti. “Le scuole dell’infanzia paritarie – spiegano i promotori della protesta – svolgono in Sardegna un’opera indispensabile accogliendo quasi 13.000 bambini fornendo un servizio educativo caratterizzato dalla qualità dalla proposta, dall’attenzione prestata a ogni singolo bambino, dalla flessibilità nei tempi e nei modi garantita alle famiglie, dalla capillare presenza in quasi tutti i comuni della Sardegna, in particolare in quelli piccoli, dove spesso sono l’unica scuola presente, e dalla economicità del servizio offerto per la collettività”.
C’è anche il fattore occupazione. “Viene garantito- continuano i gestori- lavoro per i circa 2.000 dipendenti, in
altissima percentuale donne ed il sostegno alle famiglie, per le quali la scuola dell’infanzia paritaria offre soluzioni adeguate per i problemi legati alla compatibilità tra lavoro e istruzione dei figli, l’ animazione culturale e identitaria nei piccoli centri e un indotto economico notevole per i fornitori e utilizzatori dei servizi”.
Situazione tutta da risolvere: “Purtroppo, nonostante le manifestazioni di comprensione della situazione espresse a seguito delle sollecitazioni portate avanti dalle organizzazioni che rappresentano le scuole, nell’ultimi anni i contributi sono
costantemente diminuiti e gli acconti previsti per l’anno scolastico 2014/15 non sono stati ancora oggi completamente erogati, mentre per l’anno scolastico 2015/16, la Regione Sardegna non ha ancora fornito dati certi sulle reali dotazioni, sui modi e sui tempi di erogazione”.