Nuoro, i detenuti-attori raccontano se stessi alle istituzioni

Teatro per il reinserimento. Teatro per il sociale. È finita in forma ‘istituzionale’ lo spettacolo dei carcerati di Rebibbia a Nuoro, al Teatro Eliseo. Sul palco, oltre ai detenuti ed ex-detenuti e attori, anche i rappresentati delle istituzioni cittadine e regionali:il rettore dell’Università di Sassari, Attilio Mastino, il sindaco di Nuoro, Sandro Bianchi, il vescovo di Nuoro, Mosé Marcia.

«La fine all’alba», della compagnia stabile Assai, scritto da Antonio Turco, regia di Francesco Cinquemani è qualcosa di diverso da uno spettacolo teatrale. La recita è un’occasione offerta ai detenuti per raccontare la drammatica condizione delle carceri e dei carcerati d’Italia.

La prima compagnia di drammaturgia penitenziaria d’Italia, fondata nel 1982 da Antonio Turco, funzionario giuridico pedagogico presso la Casa di reclusione di Rebibbia, con alle spalle circa cento progetti all’attivo, è una di quelle scommesse che la direttrice della casa circondariale di Badu ‘e Carros, Carla Ciavarella, ha sposato dallo scorso anno con il progetto “Carcere: diritto penitenziario dentro e fuori”, realizzato in collaborazione con la Scuola forense di Nuoro.

Nel corso dell’anno sono stati organizzati degli incontri di studio formativi rivolti agli avvocati nuoresi su temi inerenti l’esecuzione penale, il diritto penitenziario, il trattamento penitenziario in differenti circuiti e le buone prassi operative. La rappresentazione al Teatro Eliseo (seguita da un’altra nel carcere di Badu ‘e carros), è una tappa di un percorso d’inserimento per attuare misure di detenzione alternative (nella compagnia presenti anche due ergastolani).

Il progetto rientra dunque in un percorso sociale di informazione ed avvicinamento al mondo ‘di fuori’ che mira ad abbattere i gap di pregiudizi che ruotano intorno al sistema carcere sempre più numeroso anche nell’isola. “Si sbaglia, è vero – è stato detto dal palco – ma ci sono anche possibilità di recupero, di presa di coscienza degli errori fatti, di opportunità che il carcere può dare, e che è necessario per noi sfruttare appieno grazie all’aiuto, alla volontà di tutti”.

Davide Fara

 

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