“Non si archivia un omicidio”, Giuliano Giuliani a Quartu racconta la verità sul G8 di Genova

“Perché ancora attraverso il paese raccontando i fatti di Genova? Dopo 13 anni sono l’unico che conserva i collegamenti tra azioni, protagonisti e vicende di quei giorni, ecco perché continuo a parlarne: voglio che la gente sappia cosa è realmente successo durante il G8 del 2001 in Italia con la speranza che queste cose non accadano più”.

Giuliano Giuliani dopo tanti anni non ha archiviato la morte del figlio Carlo come invece ha fatto la magistratura italiana, che nel 2003 ha chiuso il caso affermando che per quella morte nessuno era responsabile. Giuliani continua a incontrare le persone, a mostrare immagini e video perché si sappia che la verità raccontata dallo stato italiano è oscura e lacunosa. Ieri sera a Quartu, nella biblioteca comunale di via Dante invitato da alcuni esponenti di Pd, Rifondazione Comunista e Sel Giuliano Giuliani ha raccontato ancora una volta quegli attimi in cui suo figlio ha perso la vita in piazza Alimonda.

“A Genova, durante il G8 del 2001, hanno organizzato una repressione sistematica e programmata. Hanno lasciato che un gruppo di manifestanti distruggesse negozi, vetrine e auto e poi hanno massacrato una parte pacifica del corteo. I documenti, le registrazioni, i video e le fotografie che ho raccolto dimostrano che chi ha curato la regia di tutto questo lo ha fatto in maniera scientifica e precisa”. Giuliani è lucido e deciso mentre racconta i fatti, la sua voce non trema neanche davanti ai fotogrammi di Carlo che arriva in piazza, Carlo che solleva l’estintore, Carlo a terra inerme dopo che qualcuno gli ha sparato dalla camionetta dei carabinieri. La sua forza viene dal desiderio di giustizia, la sua tenacia dalla rabbia di vedere i registi del massacro non solo impuniti ma ancorati ai vertici del potere. In questi anni ha raccolto, studiato e confrontato documenti di ogni genere, il suo impegno è tutto dentro un libro con dvd che si intitola “Non si archivia un omicidio” uscito un anno fa.

“Per colpa di queste persone oggi viviamo in un paese miserabile: Francesco Colucci, questore processato per falsa testimonianza, è stato poi nominato prefetto; Gianni De Gennaro, in quei giorni capo della Polizia, è stato direttore del Ministero dell’Interno e poi sottosegretario della Presidenza del Consiglio. Individui che non solo non hanno pagato per pestaggi, repressione, violenze ma sono stati addirittura premiati”.

Scorrono sullo schermo le immagini della grande manifestazione di Genova nell’estate di 13 anni fa, Giuliani fa notare i tanti dettagli di cui la magistratura italiana non ha tenuto conto nei processi: i giovani con spranghe che si muovono insieme a carabinieri e polizia, le telefonate tra le forze dell’ordine dove si ordinava di “trucidare” e massacrare”, le tante fotografie che raccontano una verità diversa da quella ufficiale.

In questo inquietante scenario Carlo Giuliani, 25 anni, è morto in strada per un colpo di pistola alla testa sparato da un ragazzo appena più giovane di lui, mentre gli otto uomini più potenti del pianeta erano radunati là vicino dentro stanze di lusso. “Dopo l’archiviazione dell’accusa di omicidio contro l’agente Mario Placanica ora attendiamo il responso sulla causa civile. Io continuerò a battermi per far conoscere al paese la verità su mio figlio e sui tanti ragazzi che in quei giorni erano lì per  dimostrare che un altro mondo è possibile”.

Francesca Mulas

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