Il Nucleo investigativo del Corpo forestale ha messo sotto sequestro penale una delle piste realizzate senza autorizzazione durante i tagli nella lecceta del Marganai. I sigilli sono stati apposti su iniziativa dell’Ispettorato ripartimentale di Iglesias: l’area è ora recintata e vige l’assoluto divieto di accesso e manomissione dello stato dei luoghi. Trova così conferma quanto denunciato da Sardinia Post tempo fa.
Il provvedimento, firmato dall’ispettore di polizia giudiziaria Roberto Pittau, sembra così smentire il commissario straordinario dell’Ente foreste Giuseppe Pulina, che solo poche settimane fa aveva dato ampie rassicurazioni sulla legittimità degli interventi: “Quella pista esiste dagli anni ’50”, aveva scritto a Sardinia Post, trascurando il fatto che nell’arco di sessant’anni la foresta si era ampiamente ‘ripresa’ l’area interessata e anche solo per il ripristino della pista occorrono tutte le autorizzazioni del caso. Autorizzazioni che, come dimostra il provvedimento del Corpo forestale, evidentemente non esistono, a cominciare da quelle che avrebbe dovuto accordare la Soprintendenza ai beni paesaggistici, guidata da Fausto Martino, che in verità ha appreso dei tagli nel Marganai solo dalla stampa. Ed è anche su questo aspetto che indaga il Pm della Procura di Cagliari Andrea Schirra.
Sarà ora la Procura a far luce sulle responsabilità. Dicono le norme che i controlli sono in capo all”Ente foreste, in qualità di stazione appaltante. Nel caso specifico, risulta dagli atti che il responsabile del procedimento è Marcello Airi e il direttore dei lavori Marisa Cadoni. Il controllo spetta anche al Servizio territoriale di Iglesias del Corpo forestale, che ha un raggio di intervento ampio, non solo per la modifica dei luoghi – in questo caso la realizzazione e il ripristino di nuove piste – ma anche rispetto all’attività di ceduazione. Ed è questo un altro aspetto del caso Marganai, perché negli ultimi tre anni la cooperativa Agricola mediterranea di Domusnovas ha tagliato ettari ed ettari di foresta per ricavarne pellet e legna da ardere. Un’attività, quest’ultima, che ha provocato la protesta degli ambientalisti ed è stata definita dagli esperti “nefasta”.
La pista messa sotto sequestro però non è la sola ad essere finita nel mirino degli investigatori. Poco distanti infatti sono state ripristinate altre due strade, sembra anche stavolta senza autorizzazioni. Inoltre, a differenza della pista sequestrata, da un primo sopralluogo effettuato dal Corpo forestale sarebbe emerso un particolare sconcertante: per rendere carrabili le due strade, sarebbe stato utilizzato materiale di scarto proveniente dalle vicine miniere abbandonate. Un’operazione, quest’ultima, assolutamente vietata perché ci si trova in area Sin (Sito di interesse nazionale) e quindi ogni intervento deve essere preceduto da uno studio accurato dell’area (Piano di caratterizzazione). Questo perché la movimentazione di inerti minerari è a dir poco pericolosa, ancor più se si considera che proprio a S’Isteri veniva estratto l’arsenopirite, un sale composto da zolfo, arsenico e ferro.
Pablo Sole