La Sardegna si ribella

La diretta
10:00
La manifestazione è molto partecipata e chiassosa, il serpentone è partito da via Roma per raggiungere il palazzo della Regione in Viale Trento – 5mila per gli organizzatori, 3mila per la Questura. Una cosa è certa: idealmente è presente tutta l’Isola con le sue realtà produttive e sociali – ad esempio i pensionati – e i lavoratori delle vertenze che hanno tenuto banco in questi mesi: Alcoa, Eurallumina e Ila. Ma anche molti semplici cittadini che solidarizzano con i lavoratori che chiedono la cassa integrazione o il riavvio delle loro attività produttive. La solidarietà è palpabile. Anche gli esercizi commerciali, pur non abbassando le serrande, un po’ è come se si fermassero per rispetto della manifestazione.

11:30
“Cappellacci dove sei?”. “Uscite fuori”. “Lavoro lavoro lavoro”. Sono alcuni degli slogan che vengono scanditi dal corteo di fronte al palazzo della Regione in viale Trento, accompagnati da fischi e dal rumore dei caschi battuti. Le forze dell’ordine controllano la situazione senza intervenire. Numerose le contestazioni all’indirizzo della Regione.

12:30
Hanno preso la parola i segretari regionali dei sindacati, alcuni rappresentati sindacali di categorie di lavoratori e alcuni singoli lavoratori. Il filo conduttore che ha legato tutti gli interventi è il rilancio delle attività produttive. Il Sulcis emerge perché la sua crisi rappresenta in un certo senso la crisi di tutta l’Isola, con tutti i suoi cassintegrati a dare volto ad un territorio ridotto allo stremo delle sue forze. Il momento più forte della manifestazione è stato quando i manifestanti hanno iniziato a colpire il palazzo della Regione coi caschetti: un modo per invitare i “politici” ad uscire fuori. Un richiamo alla responsabilità della politica e un invito a recuperare la sua funzione: quella di prendere decisioni, in una fase drammatica come questa.

“Questi due palazzi non sono le case dei sardi. Abbiamo dato loro le chiavi e ora non ci permettono di entrare”. Nell’intervento di Oriana Putzolu, segretaria della Cisl, c’è l’accusa dei Sindacati contro “una classe dirigente che si è dimenticata che in Sardegna esistono disoccupati, cassintegrati, povertà e disagio. Dentro questi due palazzi si è inceppato tutto”. Francesca Ticca, leader della Uil, ha ribadito che “gli ammortizzatori sociali non sono una elemosina, ma un diritto costituito. La classe politica deve recuperare le risorse, è ora che metta in moto la fantasia e dia una risposta ai sardi”. Sul palco anche la voce drammatica dei lavoratori che hanno perso il posto o che hanno trovato sotto l’albero di Natale la mobilità. Storie di rabbia e disperazione. Toccante la testimonianza di Antonio, lavoratore edile: “Una vita di sacrifici per tornare ora a casa e non avere il coraggio di dire a mia moglie che non ci sono i soldi per la bombola. E’ umiliante, non ce la faccio più. Ci stanno portando al suicidio”. Da vari interventi un invito ai politici a scendere e parlare con i lavoratori. La chiusura della manifestazione è stata, quindi, affidata a Michele Carrus, leader regionale Cgil: “C’é un’altra via per uscire dalla crisi, e questa è il lavoro. Siamo venuti qui perché stufi di una politica strabica che antepone interessi di palazzo ai bisogni e alle speranze dei cittadini. I cassintegrati sono giunti in carne ed ossa a chiedere quanto spetta loro. Diciamo basta ad una Regione che costringe al precariato. Chiediamo un Piano per il lavoro che punti su innovazione e istruzione, e lo sviluppo della nostra terra”. Il corteo si è quindi sciolto ma lavoratori e sindacati si preparano alla trasferta romana del prossimo 22 giugno quando la Sardegna parteciperà alla manifestazione per chieder cambiamenti nel segno del lavoro e dell’equità.

*

Da un Palazzo all’altro. Il corteo che stamani sfilerà tra bandiere e fischietti di ordinanza tra il Consiglio regionale di via Roma e la sede della Giunta regionale, viale Trento. Appuntamento a Cagliari alle 9.30, comizi finali alle 12.30.

In piazza, ancora una volta, a sei mesi dall’ultima manifestazione, ci saranno Cgil, Cisl e Uil: un occhio ai dati impietosi del sfilacciato tessuto economico sardo, un occhio proprio a chi in quei Palazzi gestisce le politiche e i soldi pubblici. Ai ritardi contestati e alla Finanziaria sarda appena approvata che fa storcere il naso. Mentre il tasso di disoccupazione nell’Isola arriva al 16 per cento. E tra i giovani uno su quattro non fa nulla: né studia, né lavora.

Ci saranno gli operai delle fabbriche ferme del Sulcis, quelli di serie A che godono della cassa integrazione e quelli di serie B, degli appalti. Il cui destino è incerto, e il presente fatto di espedienti e promesse di corsi di formazione. E poi dal Nord e dal centro Sardegna: Porto Torres e Ottana. I pensionati, chi ha perso li posto o non ne ha mai avuto uno. In ballo, per le sigle confederali, ci sono i grandi temi universali: lavoro, riforme ed equità fiscali. E poi quelli particolari che affliggono i sardi: ammortizzatori sociali – a rischio copertura sono in 28mila – e il solito precariato tra una giungla di contratti e lo spettro del nero – senza diritti e sotto ricatto.

La Finanziaria elettorale. Per i tre segretari confederali Michele Carrus (Cgil), Oriana Putzolu (Cisl) e Francesca Ticca (Uil) la Finanziaria è “un provvedimento elettorale”. Si tratta, secondo i sindacati di misure che non risolvono i problemi strutturali: non va giù il taglio dell’Irap, finanziata con 750 milioni di euro nel triennio, cifra molto più alta – sottolinea Carrus- della cifra stanziata per il piano straordinario del lavoro, circa 200 milioni di euro.
Rivendicano il loro ruolo nell’anticipo deciso dall’Aula per coprire la cassa integrazione: “Senza il nostro presidio durante la discussione della manovra, con centinaia di lavoratori davanti al Consiglio regionale, non sarebbero spuntati fuori neppure quei 30 milioni” – commenta Putzolu (Cisl). “E’ un primo risultato, ma non bastano a rispondere ai bisogni – ha aggiunto Carrus (Cgil) – se al centro della mobilitazione c’è la richiesta pressante di intervenire per evitare che migliaia di persone restino senza sostegno al reddito, la protesta si lega anche ad altre emergenze: l’attuazione della Riforma dei servizi per il lavoro e della formazione professionale e – appunto- un Piano del lavoro straordinario”. Ticca (Uil) ha sottolineato l’importanza di un percorso di lotta unitario: “il 24 è la prima di una serie di azioni per dire che gli ammortizzatori per la Sardegna non si toccano”. E fa quasi sorridere in questo contesto ll’iniziative del reddito di comunità in Sardex, la moneta virtuale. E il 22 giugno si replica a livello nazionale.

In difesa. Si gioca sempre in difesa, mentre servirebbe semplicemente: “Sviluppo”. In Sardegna e nella penisola. Così come ha ribadito questa mattina anche il presidente dei Confindutria, Giorgio Squinzi: “L’obiettivo deve essere ora uno solo: tornare a crescere. “Domanda e competitivita’ sono le due leve su cui agire per ritrovare la strada della crescita”, ha spiegato. “Serve una netta discontinuita’ con le logiche di breve respiro che hanno ispirato molte politiche del passato”. E l’instabilità della politica ha il suo peso. E se Squinzi dice che “Il Nord è sull’orlo del baratro”, ed è necessario “Fare presto”. Isole e Sud sono già dentro.

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