La Buona Scuola, precari sul piede di guerra: “No all’emigrazione forzata”

“Tutti sotto il Consiglio regionale in via Roma”. È questo l’appello lanciato da un comitato di insegnanti e genitori per protestare contro La Buona scuola di Renzi-Giannini. Appuntamento domani lunedì 10 agosto, dalle 10 alle 12. “Ci saranno ancora i ragazzi, anche loro con le valige per dire no alla emigrazione forzata dei docenti sardi prevista dalla riforma della Buona scuola”.

La nota prosegue così: “Figli e genitori mobilitati perché? Perché una generazione di insegnanti precari, prevalentemente tra i 40 e i 50 anni, sarà costretta ad abbandonare figli spesso molto piccoli o genitori anziani spesso ultrasettantenni. E saranno proprio i bambini e i loro nonni le prime vittime del trasferimento forzato di maestri e professori. Il 14 agosto scade il termine per presentare la domanda per il piano di assunzioni previsto dal Governo chiedendo di indicare, pena l’impossibilità di ricevimento della domanda, quasi tutte le province del territorio nazionale”.

Nell’Isola il problema riguarda “circa quattromila docenti precari inseriti nelle graduatorie a esaurimento o vincitori di concorso del 2012, in teoria un’occasione per dire addio all’incertezza delle supplenze. Ma l’assunzione prevede la certezza per migliaia di insegnanti di un trasferimento lontano da casa. E chi in questi giorni sta compilando la domanda sta anche valutando la possibilità di non presentare la domanda. Con incognite tutte da valutare soprattutto per chi ha investito in questi anni nella propria formazione per migliorare la qualità dell’insegnamento”.

Dqa qui l’appello soprattutto alla Regione, “perché prenda posizione e chieda al Governo un trattamento adeguato alle difficoltà che gli insegnanti dovranno sostenere per il trasferimento. Una deportazione affettivamente difficile. Ed economicamente quasi impossibile. Il magro stipendio da insegnante basterebbe giusto a sostenere le spese essenziali per un lavoro lontano da casa: alloggio, acqua, energia elettrica, trasferimenti. E magari anche viaggi (aereo o traghetto, giova ricordarlo, non hanno gli stessi costi di un treno o di un pullman) per rivedere mariti, mogli, figli o genitori. Il rammarico più grande? La richiesta di emigrazione forzata dall’isola arriva non da un privato. Ma dallo Stato”.

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