In 130 in una struttura per 65 persone. A Sassari protestano i rifugiati

Lamentano “condizioni inumane” e si dicono costretti in una struttura totalmente inadeguata a ospitarli, obbligati a sottostare a condizioni igieniche ben al di sotto degli standard minimi della decenza. I rifugiati e i richiedenti asilo politico destinati al centro di prima accoglienza sassarese di Palmadula sono scesi in piazza per
protestare. La struttura alla quale sono stati destinati potrebbe ospitare 65 persone al massimo, ma loro sono il doppio.

Oggi hanno deciso di alzare la voce, cercando di rendere pubblica una situazione esplosiva, ma di cui nessuno sembra intenzionato a farsi carico. Gli ospiti della struttura hanno cercato la solidarietà degli abitanti della borgata rurale. Hanno spiegato con i modi e con le parole di non voler minare la quiete della comunità. Un appello rivolto a tutte le istituzioni. “Non ci aspettiamo chissà quali privilegi – dicono – ma chiediamo di essere accolti in condizioni più civili e dignitose”.

Così il sindaco, Nicola Sanna. “Sulla vicenda che ha per protagonisti i migranti del Centro di accoglienza di Palmadula c’è la massima attenzione della nostra amministrazione. È stato avviato un coordinamento con la circoscrizione unica della Nurra e con i consiglieri comunali del territorio. L’amministrazione ha chiesto di nuovo alla prefettura di alleggerire la borgata di un numero così elevato di migranti, pur comprendendo le difficoltà create dai nuovi sbarchi, la richiesta deriva dalla necessità di tener corto della capacità ricettive e di accoglienza che hanno i singoli territori”.

Sul tema interviene Antonio Satta (Upc). “Oramai abbiamo raggiunto quota 2.047. Gli arrivi di richiedenti asilo sul nostro territorio hanno subìto nel 2015 un’impennata senza precedenti, esponenziale visto che nello stesso periodo dello scorso anno ne erano arrivati solo 23. Noi siamo per l’accoglienza, perché tante di queste persone fuggono da fame e guerre. Però serve un intervento maggiore del governo nazionale per sostenere le comunità locali”.

 

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