Igea, i lavoratori segregati da una settimana nella miniera. Un appello ai sindaci: “Gettate via la fascia tricolore”

E’ passata una settimana da quando gli operai dell’Igea hanno occupato i pozzi di Monteponi e Campo Pisano a Iglesias per chiedere alla Regione di intervenire sui conti della società (il “buco” è da 5 milioni di euro) e fare in modo che finalmente l’Igea svolga il compito per il quale fu istituita ormai dodici anni fa: le bonifiche minerarie dei siti minerari dismessi, la loro messa in sicurezza e il recupero dell’enorme patrimonio immobiliare.

Gli stipendi, a causa della situazione societaria, sono a rischio. Ed ecco la ragione fondamentale della protesta di una settimana fa quando alcuni degli operai (i loro nomi non sono noti, il loro viso è coperto da passamontagna) hanno deciso di autosegregarsi all’interno della galleria.

Da allora vivono in una perenne penombra, spezzata solo dalla luce delle lampadine dei caschi, in un ambiente umido e freddo dove ogni più piccolo rumore, nell’immensità del silenzio che li circonda, può annunciare un insidia o un pericolo. Ma su tutto regnano i pensieri, le preoccupazioni, le ansie e l’aspettativa che tutto si risolva. I pensieri verso i propri cari, verso i figli e la moglie che aspettano, “che papà torni presto dalla miniera”.

Davanti a questo, raccontano, “tutto il resto passa in secondo piano”. E ritorna la forza di combattere, di far sentire ancora la propria voce: “Siamo esseri umani e non carne da macello, che non può finire così, che ci deve essere un altro epilogo, un’altra possibilità per continuare a vivere.

Ieri sera, a Monteponi, davanti alla cancellata che sbarra l’ingresso della galleria Villamarina, si è dato appuntamento un gruppo di sindaci del territorio per manifestare la loro solidarietà ai lavoratori. Per riaffermare che “anche un solo posto di lavoro va difeso e garantito”. Mentre uno di loro parlava, dalla galleria si è levato un urlo come di dolore, una richiesta d’aiuto: “Restituite la fascia tricolore!” ha gridato uno dei minatori col volto coperto dal passamontagna.

Attaccato al cancello in ferro, che il minatore tiene stretto fra le mani, come un detenuto inferocito dietro le sbarre, il disegno, semplice, fatto da un bambino con le matite colorate: un paio di stelle, un uomo vicino a un albero sotto un piccolo cielo blu. E poi, su tutto, la scritta “Papà“.

Carlo Martinelli

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