Gli effetti della pandemia sulla sanità: tumori tiroide, interventi in calo del 30%

Tra le nefaste conseguenze della pandemia da Covid-19 c’è anche la riduzione degli interventi chirurgici sui pazienti affetti da carcinoma tiroideo, circa il 30 per cento in meno in Italia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È quanto emerge dallo studio Thyroid surgery during Covid-19 pandemic in Italy (Thycovit), promosso da Pietro Giorgio Calò e da Fabio Medas, rispettivamente ordinario e ricercatore di Chirurgia generale del dipartimento di Scienze chirurgiche dell’Università di Cagliari, pubblicato sulla rivista British Journal of Surgery.

Si tratta di una ricerca multicentrica, che ha coinvolto 28 tra i maggiori centri di endocrinochirurgia italiani, e ha avuto come scopo la valutazione dell’attività chirurgica per tumori maligni tiroidei durante i primi 6 mesi della pandemia in Italia, osservando oltre 1.500 pazienti affetti da questa patologia tumorale. Tra gli autori dell’articolo, con Calò e Medas figurano numerosi big della chirurgia italiana. “La pandemia ha rappresentato un grave onere per la salute pubblica – si legge nell’articolo – l’Italia è stata pesantemente colpita, con quasi 2 milioni di casi confermati e quasi 70mila decessi. A livello globale, le autorità sanitarie hanno limitato l’assistenza medica alle procedure di emergenza, rinviando l’attività chirurgica elettiva”.

“Dallo studio è emerso inoltre che, durante i primi mesi della pandemia, le risorse sono state concentrate dalle unità operative per non ritardare gli interventi dei tumori maggiormente aggressivi”, spiega Calò, che è anche direttore del dipartimento di Scienze chirurgiche dell’Ateneo cagliaritano. “Il nostro studio sottolinea la necessità di proseguire adeguate attività di screening, chirurgiche e di follow-up per le neoplasie tiroidee – rimarca Medas – perchè un rallentamento di queste attività potrebbe portare nel breve futuro ad un incremento dell’incidenza di tumori con caratteristiche aggressive e prognosi peggiore”. Gli autori raccomandano di non ritardare i programmi di screening e le visite programmate, che potrebbero essere spostate in contesti non ospedalieri.

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