Fondi ai gruppi, Silvestro Ladu condannato in appello a 5 anni e 8 mesi

Cinque anni e otto mesi di reclusione, quattro mesi in meno rispetto alla condanna di primo grado. È quanto deciso dai giudici della Corte d’Appello di Cagliari nei confronti di Silvestro Ladu, l’ex capogruppo di Fortza Paris nel Consiglio regionale della Sardegna accusato di peculato aggravato nell’ambito dell’inchiesta sull’uso dei fondi destinati ai gruppi consiliari. Accolta totalmente la richiesta formulata nella requisitoria dal sostituto procuratore generale Maria Grazia Genoese, che ha comunque fatto notare come uno dei capi d’imputazione – un falso sui rendiconti del gruppo per l’annualità 2008 – fosse ormai prescritto. Da qui la riforma parziale della sentenza con i quattro mesi in meno di reclusione.

L’esponente politico era accusato di aver speso per scopi non istituzionali 279 mila euro, provenienti dal fondo destinato al suo gruppo nella legislatura 2004-2009. Nella sua requisitoria il magistrato inquirente aveva attaccato pesantemente il comportamento dell’imputato che, in un caso, aveva speso denaro pubblico per applicare dei sensori di parcheggio alla propria auto privata. Chiudendo l’intervento, il sostituto procuratore generale aveva sollevato dubbi sull’applicazione delle attenuanti generiche per via del comportamento processuale dell’ex consigliere regionale. Appassionata, invece, è stata la difesa dei legali di Ladu, gli avvocati Massimo Delogu e Pietro Longo. Proprio quest’ultimo ha contestato l’ipotesi accusatoria secondo cui i consiglieri regionali – dopo aver giustificato le spese – avrebbero comunque dovuto conservare le pezze giustificative di quanto speso. Ladu, già capogruppo del gruppo Misto, era presente in aula e ha ascoltato in silenzio la lettura della sentenza.

“La sentenza della Corte d’Appello di Cagliari è ingiusta e per quanto mi riguarda sarà impugnata. Mi aspettavo un’assoluzione, non una riduzione della pena. Ritengo di aver operato bene e sempre nell’interesse delle istituzioni che ho rappresentato”. Questo il commento di Ladu. “Ero e sono convinto che ciò che ho fatto fosse consentito, non perché così hanno fatto tutti i consiglieri regionali da sempre, ma perché così era previsto dai regolamenti interni del Consiglio, il quale mai ha posto rilievi sul mio operato. Questa rimane la mia interpretazione che ritengo in linea col pensiero di chi ha scritto tali direttive, che non sono opera del sottoscritto. Ho utilizzato i fondi per fini istituzionali e sempre riconducibili all’attività del gruppo consiliare di cui ero presidente – si difende Ladu – L’attività politica personale l’ho sostenuta con le mie risorse spendendo cifre di gran lunga superiori a quelle contestate. Io continuo ad avere fiducia nella giustizia, non solo in quella divina, e per questo motivo andrò fino in fondo alla ricerca della verità e chiederò la pronuncia della Cassazione, che spero arrivi in tempi non biblici”. “Questa vicenda – confessa l’esponente politico sardo – mi addolora perché mette in discussione valori e principi sui quali ho sempre creduto. Il mio passato professionale e politico è senza ombre e per questo motivo mi batterò a testa alta e difenderò la mia reputazione in tutte le sedi. Lo farò per me, per la mia grande famiglia, che mi ha sempre capito e sostenuto, e per tutti quelli che mi hanno sempre dato fiducia permettendomi di ricoprire ruoli di grande prestigio e responsabilità che ho sempre onorato”.

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