Decreto lavoro, in Sardegna la rabbia dei disoccupati invisibili

Un miliardo e mezzo di euro contro la disoccupazione: con il decreto-legge licenziato ieri dal Consiglio dei Ministri si mira a combattere la disoccupazione e fornire nuovi strumenti per assicurare l’impiego dei precari. Il testo, contenente le “Misure straordinarie per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, e della coesione sociale” prevede ottocento milioni di euro da destinare, nei prossimi tre anni, a chi assumerà lavoratori a tempo indeterminato, con un contributo mensile fino a 650 euro per 18 mesi. Questa la buona notizia.

Ciò che non convince le migliaia di disoccupati isolani che hanno raggiunto oggi percentuali preoccupanti sono i criteri per accedere alle assunzioni (è sufficiente possedere anche un solo requisito): età tra 18 e 29 anni, una o più persone a carico, nessun titolo di studio.

“È vergognoso che con questo provvedimento si pensi solo a chi non ha nemmeno il diploma”, commenta Laura Vincis, cagliaritana di 31 anni, due lauree in curriculum. “Il risultato sarà che le aziende assumeranno ragazzini più che persona preparate solo per risparmiare. Così si escludono le generazioni di trenta-quarantenni, noi che abbiamo terminato gli studi, ci siamo formati e oggi abbiamo difficoltà a trovare un lavoro”.

Stessa opinione per Francesca Madrigali, giornalista di 38 anni: “Mi sembra un pessimo messaggio: è come se non conoscessero l’entità della disoccupazione “adulta”, o non la considerassero una priorità. Sappiamo invece bene che è la fascia d’età che coincide con le scelte di vita, come andare a vivere per conto proprio o fare un figlio e che riguarda più di un milione di persone in Italia. Se si considerano queste persone ‘invisibili’ non solo di dimostra di non conoscere il Paese reale ma si innesca una vera bomba sociale”.

I dati sulla disoccupazione tra adulti, cioè persone che hanno superato i 25 anni di età, sono stati pubblicati nel ‘Rapporto 2012 sul mercato del lavoro in Sardegna’: su cento persone in cerca di impiego, solo 23 sono giovani. Il restante 77% sono over 25 che hanno perso il lavoro o non ne hanno mai avuto uno stabile. Alla luce di questi numeri un provvedimento come quello appena presentato dal Governo appare inutile: “L’urgenza oggi è la precarietà di chi ha superato i trentacinque anni, non i più giovani, sostiene Lilli Pruna, sociologa del lavoro e curatrice del ‘Rapporto sul mercato del lavoro’. “Le imprese nell’isola sono stremate dalla crisi, non si può pensare di risollevarle con qualche contributo per nuove assunzioni”.

Le critiche più accese sul provvedimento riguardano il criterio dell’assenza di titoli di studio. Francesca Pitzalis commenta: “Persone come me, iperqualificate, che hanno sacrificato la loro vita allo studio, vivono da ore in uno stato di terrore puro: per noi non c’è più posto nella società, siamo troppo vecchi o troppo giovani. Se non fosse per i miei genitori non avrei nemmeno un tetto sotto cui dormire”.

Secondo Giulia Marini Alviani “siamo super specializzati senza futuro. Sembra che noi non abbiamo diritto ad averlo: comprare casa è un’utopia e pensare ad avere una famiglia e dei figli ancora peggio. Non possiamo pianificare ma solo vivere alla giornata. Fino a quando?”.

Studiare non serve davvero a nulla? “Ho passato l’adolescenza sui libri per ritrovarmi senza nulla tra le mani a quasi 30 anni, dice Winston Annis, “oltre vedere che la nuova riforma del lavoro aiuta chi non ha mai fatto niente in vita sua. È un problema culturale, le aziende preferiscono personale terra terra, non quello con un cervello funzionante: l’ho sperimentato sulla mia pelle”.

Non solo contributi per assunzione dei più giovani: il provvedimento del Consiglio dei Ministri prevede anche misure di finanziamento per tirocini nelle regioni del Mezzogiorno: “Cinquecento euro al mese per sfruttare giovani senza lavoro non è la soluzione” prosegue Lilli Pruna, “certo, i tirocini accontentano i più giovani in mancanza d’altro, ma è una finzione che li addestra allo sfruttamento. Un vero imbroglio di Stato”. Quali potrebbero essere le misure giuste per favorire l’occupazione? “Formazione professionale qualificata per adulti, sostegni reali alle imprese, progetti programmati a livello regionale. E saper sfruttare al meglio i fondi comunitari con un vero coinvolgimento dei giovani”.

Francesca Mulas

 

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