Antipasti, primi, il secondo e i dolci: pranzo di Natale per chi è in difficoltà

La solidarietà non conosce riposo, anzi è proprio durante le festività che alla mensa dei poveri in viale fra’ Ignazio, a Cagliari, la Caritas cerca di rendere speciale un giorno che altrimenti sarebbe uguale a tanti altri dell’anno. Il menù ancora non è stato deciso nei dettagli ma dall’organizzazione fanno sapere che ci saranno antipasti di mare e terra, due primi tra cui anche le lasagne, agnello, pollo, insalata, frutta, panettone, pandoro e bibite.

“A Natale e Capodanno cerchiamo di offrire qualcosa di più ricercato oltre al menù standard che comprende sempre due primi e due secondi” spiega Enrico Albiani presidente dell’associazione Beata Nicoli che coordina tutti i volontari della Caritas. “Contiamo di avere una media di duecento persone al pranzo del 25 dicembre, le stesse che accogliamo tutti i giorni dell’anno. Cambia invece il numero dei volontari che nei giorni delle feste aumentano. Ci sono persone che ci chiedono di essere inserite per servire a tavola nei turni della vigilia e il giorno successivo. Un modo diverso per passare il Natale”.

I volontari sono la vera forza di una mensa che quest’anno ha preparato e offerto una media di 570 pasti al giorno tra colazioni, pranzi e cene. Nei momenti di maggiore affluenza si è arrivati anche a 900 pasti. La realtà conferma i numeri: lo stanzone al piano terra è un microcosmo, un crocevia di italiani e stranieri con storie diversissime tra loro. Aspettano il turno, si mettono a tavola, mangiano, scambiano due chiacchiere poi vanno via. “Per poter aprire la mensa abbiamo bisogno di un minimo di otto persone. In questo momento almeno altre cinque ci hanno chiamato per aiutarci la notte di Natale – prosegue Albiani – chi lo fa deve essere fortemente motivato, il volontariato non si fa per moda. Ci dividiamo in turni, ci organizziamo tramite chat su Whatsapp e tutti i giorni garantiamo il servizio a chi ha bisogno, siamo a loro disposizione. Senza giudicare nessuno”.

Tra i volontari tutti fanno tutto: lavano piatti e pentole, servono ai tavoli, puliscono e rimettono a posto durante la chiusura. Senza dubbio in mezzo agli ultimi non ti aspetti di trovare un noto immobiliarista cagliaritano. Sotto il grembiule da cameriere un gilet nero su camicia bianca, cravatta rossa, pantaloni eleganti. Turno fisso il martedì sera, ogni settimana dalle sette alle otto e venti non appena esce dall’ufficio. “Ho iniziato nel 2005 perché sentivo il bisogno di rendere qualcosa, un po’ della fortuna che mi è capitata nella vita. Dopo che esco da qua mi sento meglio, magari arrivo arrabbiato per i mille problemi lavorativi ma ogni volta questo luogo mi fa ricordare il vero valore delle cose. È qualcosa, non è molto ma dare qualche ora del mio tempo può davvero aiutare chi non ha nulla”.

Assieme a lui un altro professionista, fuori da qui lavora come grafico per un giornale: “Ho cominciato dopo aver saputo che una mia vicina di casa faceva la volontaria. Ero in un periodo della vita in cui mi domandavo come potessi aiutare gli altri. Toccare con mano l’umanità che c’è in questo posto è un modo per riequilibrare la scala dei valori che diamo ai problemi di tutti i giorni”. C’è anche Fabrizio, studente del Pitagora neanche diciottenne che assieme ad altri compagni di scuola sta al bancone e porge i piatti agli ospiti. Ci sono fedeli e atei, perché anche se la mensa è della Diocesi la volontà di aiutare il prossimo va oltre l’avere o meno una fede religiosa. E tra i volontari c’è anche chi ha bisogno, chi si sente solo e ha voglia di compagnia, di scambiare due parole. Aiuta. A fine turno si siede e consuma l’ultimo pasto prima della chiusura. Ospiti e volontari tutti insieme, uno accanto all’altro, per raccontarsi e sentirsi meno soli.

Andrea Deidda

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