Alluvione Olbia, le parti civili: “Nessuno ha avvisato del pericolo”

E’ terminata nel pomeriggio nel tribunale di Tempio l’udienza fiume del processo per le morti causate in Gallura dall’alluvione del 18 novembre 2013. Una giornata tutta dedicata alle arringhe degli avvocati di parte civile, difensori dei parenti delle 10 vittime del ciclone Cleopatra, che hanno ricostruito le varie fasi della tragedia. Nella precedente udienza il pm Domenico Fiordalisi aveva chiesto tre anni e sei mesi per l’ex sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli, tre anni per l’ex primo cittadino di Arzachena, Alberto Ragnedda, tre anni per il capo della Protezione civile di Olbia, Giuseppe Budroni, e tre anni e 10 mesi per il capo dell’ufficio tecnico dello stesso comune, Antonello Zanda. L’assoluzione, invece, per un altro dirigente comunale olbiese, Gabriella Palermo, e per il dirigente della ex Provincia Olbia-Tempio, Federico Ceruti Ferrarese. Tutti sono accusati di omicidio colposo plurimo per non aver dato l’allarme. Oggi l’intervento più toccante è stato quello dell’avvocato Giampaolo Murrighile che segue la famiglia di Patrizia Corona e Morgana Giagoni, la donna di 42 anni e la figlioletta di due anni, annegate nel fango del canale di via Belgio a Olbia. Murrighile ha ripreso l’intervento iniziato lunedì scorso, dopo la requisitoria del pm Domenico Fiordalisi. Un intervento in cui sono stati rievocati i momenti più forti di quel tragico pomeriggio, gli istanti in cui madre e figlia, che si trovavano a bordo della Smart condotta da Innocenzo Giagoni, compagno di Patrizia e padre di Morgana, sono scivolate nel fiume assieme all’auto trascinata dalla corrente. L’avvocato ha descritto minuziosamente il percorso effettuato dalla famiglia Giagoni per dimostrare “la falsità di quanto dichiarato dagli amministratori”.

“L’auto con a bordo Patrizia Corona e la piccola Morgana quel pomeriggio era in marcia da zona Bandinu verso via Veronese e stava percorrendo via Belgio dove c’è il canale di Su Tannaule, un tragitto che insiste per intero nella zona rossa ad alto rischio contrassegnata anche nel Piano di assetto idrogeologico – ha spiegato Murrighile -. Ma nonostante fosse zona ad alto rischio l’amministrazione che aveva ricevuto l’allerta il giorno prima non aveva preso alcun provvedimento per impedire il transito delle auto. Nessuna barriera era stata posta lungo la strada, nessuna transenna lungo il fiume che era ormai arrivato al livello della carreggiata”. Il difensore ha quindi sottolineato come sarebbe stato sufficiente eseguire una minima parte delle indicazioni previste dall’allerta emanato dalla Protezione civile per evitare la morte di madre e figlia. L’arringa di Murrighile ha anche evidenziato il mancato provvedimento di chiusura delle scuole, un intervento basilare previsto proprio nei casi di allerta estrema e che invece non è stato applicato. “Se le scuole fossero state chiuse e la cittadinanza fosse stata avvista” ha ribadito l’avvocato “si sarebbe potuta evitare questa tragedia”. Le arringhe delle parti civili proseguiranno lunedì prossimo, 11 settembre. Sarà poi la volta degli avvocati della difesa. La sentenza è prevista il prossimo 18 settembre.

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