La fotografia non è solo la visione bressoniana della cattura di un attimo del visibile per farne momento irripetibile. C’è anche la fotografia della lentezza che studia, indaga, scandaglia gli oggetti alla ricerca di quei particolari che vivono una propria vita estetica e visuale, che si fa astrazione ed estrema sintesi attraverso l’annullamento delle prospettive, esaltando quella rappresentazione bidimensionale che sfronda e supera la realtà per indagare le tante estetiche del particolare. In un’indagine lenta e ripetibile dove anche il degrado vive di una nuova dignità estetica.
“Surface”, mostra d’esordio di Giovanni Loy, curata da Roberta Vanali e allestita negli spazi de La Libreria di via Sulis, a Cagliari, invita ad osservare, ad avere nuovi occhi attenti alle forme nascoste, ai colori del degrado che ritrovano una rinnovata nobiltà formale e concettuale.
«Nelle sue immagini — scrive la curatrice nel testo di presentazione — non c’è nulla di riconoscibile, si ha la percezione di trovarsi davanti a qualcosa di familiare senza trovarne riscontro nella realtà – prospettiva accentuata talvolta dalla rielaborazione digitale che scaturisce dall’esigenza di rendere pittorica e dinamica la rappresentazione. – dal momento che la creazione fotografica assoluta nel suo aspetto più libero rinuncia a ogni riproduzione della realtà, perché riprodurrebbe il visibile, per citare Otto Stainer».
Le opere di Loy sono delle pitture fotografiche che, dichiaratamente, fanno da specchio allo spaesamento individuale, ma sono nel contempo metafora forte in cui anche il degrado può trovare una rivalutazione formale e nuovi e sorprendenti significati. I riferimenti espliciti all’opera di Nino Migliori e di Franco Fontana sono esatti e pertinenti per inquadrare gli influssi artistici dell’autore. Aggiungerei alcune ricerche di Ernst Haas a completare il quadro dei riferimenti entro cui si muove Loy.
C’è in “Surface” un compiacimento estetico che non è frivolo o fine a sé stesso, ma funzionale all’idea, alla riflessione lenta e profonda che destruttura la realtà per ricomporla attraverso la lettura del particolare che nasconde significati e metafore nuove e più raffinate.
Surface sarà visitabile sino al 30 settembre.
Enrico Pinna