Un tempo c’erano le botteghe, luoghi del commercio, ma anche di relazioni sociali, di chiacchiere, di amicizie. Parte integrante del quartiere e tessuto connettivo dell’economia della città. Poi il tempo, i mutamenti sociali e la rivoluzione del commercio le hanno spazzate via. Chi non ricorda le cartolerie Fratelli Dessì fra la Via Manno e il Corso, o la premiata ditta di forniture navali e industriali del Cavalier Zunino, in via Roma.
Attività scomparse da anni, sostituite da quei “non luoghi” che sono i centri commerciali, i megastore, le catene in franchising. Segno dell’omologazione irreversibile a modelli ormai unificati e globalizzati.
Ma alcune “botteghe” sopravvivono ai tempi, resistono. Possiamo vederle e leggerne la storia nella mostra fotografica “antichi negozi di Cagliari” al Ghetto sino al 28 Gennaio. La mostra, promossa dall’Associazione Culturale SocrateS e sostenuta dalla Fondazione Banco di Sardegna, è costituita da 30 immagini in bianco e nero corredate da articolate didascalie.
Parte integrante dell’esposizione è un documentario della durata di circa 50 minuti con le immagini di sette antichi negozi, degli spazi espositivi, delle merci esposte e delle attività svolte, arricchito da testimonianze e ricordi degli attuali proprietari.
Sono frammenti di un mondo che scompare dai nomi ancora familiari come la “Ferramenta Binelli Clemente” in via Angioj, dove si può ancora trovare un vastissimo assortimento di coltelli per ogni esigenza o la cappelleria “Martello”, tenacemente fedele alla sua piccola nicchia di prodotto. Nella via Sassari, la ditta “F.lli Serra” è ancora punto di riferimento per gli allevatori di tutta l’isola, ai quali offre un vasto assortimento di campanacci, scarponi e secchi per la mungitura. Nella stessa via il negozio di pellame e abbigliamento di “Francesco Corgiolu” che ha ampliato la sua offerta anche agli articoli tecnici per gli appassionati di trekking. E poi “la bottega dello studente”, la tabaccheria Casti, il salone Defraia. Attività che hanno, oltre ad un valore economico, una rilevanza storica e una tenace resistenza all’omologazione.
Piccole mostre che riportano alla memoria, evocano, fanno riflettere sul come siamo e sul come eravamo. Per ricordarci il percorso della nostra identità collettiva e segnalarci piccoli patrimoni culturali da tutelare.
Enrico Pinna