Mario Pes, l’antifascista che fotografò il Duce

C’è una storia che riguarda la fotografia della Sardegna ancora tutta da scrivere. E’ quella dei fotografi sardi che hanno documentato la loro terra. Molto è stato pubblicato su quello che è stato definito “Lo sguardo esterno”, l’occhio dei “forestieri” che, dalla fine dell’ottocento in poi hanno visitato e fotografato la Sardegna.

Questo grazie a case editrici come Ilisso e Imago che hanno pubblicato bellissimi saggi sull’argomento. Fra i fotografi sardi il solo Franco Pinna nato a La Maddalena (ma cresciuto fuori dalla sua isola) ha avuto, anche per la sua riconosciuta fama nazionale, una adeguata rilevanza editoriale.

Recentemente la Ilisso ha (ri)scoperto il fotografo dilettante Raffaele Ciceri, nuorese, amico di Salvatore Satta e Antonio Ballero, fotografo anche lui, ma fondamentalmente pittore. Nell’archivio della Regione Sarda esistono i fondi Guido Costa (notevole fotografo dilettante), Giulio Pili (anche lui fotoamatore) e Piero Pirari (pittore e fotografo). Ma la storia dei fotografi per mestiere è frammentaria e spesso totalmente sconosciuta.

Manca quasi del tutto la visione organica del lavoro dei professionisti Sardi. Quelli che si occuparono non solo del ritratto ma di fotografia industriale, di architettura, dei grandi eventi politici e sociali del ‘900. Opere di fotografi come Mario Pes, Alfredo Ferri, Mario De Gioannis, Ernesto Pizzetti, Marco Leporati, Thermes, Moderno Bini, Evaristo Mauri e tanti altri sono sparse in varie collezioni e mancano di uno studio critico unitario, di una continuità di visione attenta e competente che cataloghi le immagini e collochi questi fotografi nella storia e nei fermenti sociali del loro tempo.

Un segno sicuro che questi artisti erano protagonisti riconosciuti della cultura isolana ce lo dà lo scrittore inglese Douglas Goldring, nel suo “Sardinia, the island of the Nuraghi” del 1930: «Scrittori come la Deledda, pittori come il commendator Figari, artisti come il signor Melis (ceramista n. d. r.), fotografi come i signori Pes, Ferri ed altri hanno tutti contribuito a dare impulso al rinascimento della Sardegna».

Di Ferri sappiamo poco. Il grosso della raccolta fotografica è nelle mani di un collezionista cagliaritano che solo una volta, nel 1996, ha esposto le sue immagini. Anche molti altri fotografi sardi hanno una storia tutta da ricostruire.

Conosciamo invece bene la storia bella e sfortunata di Mario Pes, nato nel 1887 e morto nel dicembre 1963, quasi 50 anni fa. Discendente dei marchesi Pes di Villamarina di Tempio Pausania, Mario sembra destinato ad una brillante carriera di capostazione e presta servizio ad Arzana presso le Ferrovie Complementari della Sardegna. Con l’avvento del fascismo viene “purgato” per la sua fede socialista che lo porta a rifiutarsi di iscriversi al partito fascista.

Perso il lavoro apre, con il fratello maggiore Giovanni, fotografo militare, il suo primo studio fotografico a Cagliari, nel viale Regina Margherita. Mario si dedica alla fotografia architettonica e industriale e alla documentazione di aspetti della vita cagliaritana e del suo circondario, con particolare riguardo ai temi del lavoro.

Poco dopo Giovanni si trasferisce a Roma e Mario continua da solo la sua attività con campagne fotografiche commissionate dalla Società Elettrica Sarda che ha iniziato la costruzione della diga del Coghinas. Lavora anche per la società delle Tramvie e per la nascente salina Conti-Vecchi.

Il 5 maggio1922, comincia a documentare la costruzione dell’argine del nuovo alveo del rio Mogoro, una delle prime opere di canalizzazione per il prosciugamento delle paludi su cui sorgerà “Mussolinia“, l’odierna Arborea. Con le sue immagini documenta la nascita della nuova cittadina e della comunità che la abita.

Il suo obiettivo registrerà le varie fasi della bonifica fino al 1938. Le immagini (circa 200) sono conservate negli archivi della Società Bonifiche Sarde, come quelle di Ferri e Leporati, anche loro incaricati di documentare l’opera ciclopica.

Ormai fotografo affermato, riceve incarichi dalla Soprintendenza e dal Genio Civile per fotografare siti archeologici e opere d’arte e per documentare le lavori di industrializzazione e di urbanizzazione che, in quegli anni, si stanno realizzando in diverse parti dell’Isola. Alcune di queste immagini varcano i confini isolani e sono custodite negli archivi sardi della Valle dell’Elvo a Biella.

Il Direttore delle Regie Saline e il Segretario Generale del Consiglio fascista delle Cooperative “Sardegna“, “Mussolini” e “Farinacci“, dimenticando l’originaria fede politica socialista, chiamano Mario Pes a documentare i lavori delle saline di Cagliari e di Quartu Sant’Elena.

Il 9 giugno 1935, durante la prima visita di Benito Mussolini a “Mussolinia“, e in quella del 1942 a Cagliari, Mario Pes è chiamato a registrare l’importante evento. Si presenta, in una folla di camice nere, con indosso una candida camicia bianca, per marcare ancora, orgogliosamente, la sua distanza politica.

Un capitolo particolare della vita professionale di Pes è la documentazione della vita dei “Piccioccus de crobi”, ragazzi senza famiglia che vivevano guadagnandosi da vivere con la cesta (sa crobi) con cui trasportavano la spesa delle signore benestanti dal mercato alle loro abitazioni di Castello. Anche in questo tipo di reportage sociale Mario Pes rivela un talento e una sensibilità da grande fotografo.

Nel 1943 lo studio di Cagliari viene distrutto dai bombardamenti alleati e Mario Pes perde una parte del suo archivio. Si è scritto che il resto è andato perduto in un allagamento nel suo nuovo studio, ma la verità è un’altra e ce la racconta Nanni Pes decano dei fotografi sardi e nipote di Mario: «Il resto dei negativi era custodito nello studio di mio padre Renzo, anche lui fotografo. Ormai anziano lo zio Mario cercò di vendere, senza successo, il suo enorme archivio, contattando la Regione Sarda e altri enti pubblici. Deluso e disamorato da questo disinteresse ha abbandonato nel pozzo di casa tutte le sue lastre chiudendo, con questo gesto estremo, la sua storia di fotografo».

Con la perdita dell’archivio di Mario Pes è andata distrutta una parte della memoria visiva del suo tempo, faticosamente costruita scatto dopo scatto. Ora il suo lavoro potrà essere ricostruito, come quello di tanti altri valenti fotografi Sardi, solo attraverso la ricerca e la catalogazione delle stampe, sparse in tanti archivi nascosti.

Sarà così possibile scrivere una storia visuale completa e documentata, rivalutando il lavoro di tanti eccellenti fotografi professionisti sardi, protagonisti dei fermenti culturali e artistici e testimoni dei grandi cambiamenti industriali e sociali del loro tempo.

Enrico Pinna

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