Al Man di Nuoro Robert Capa, il mito del fotogiornalismo

“Se la foto non è buona, vuol dire che non eri abbastanza vicino”. In questa frase c’è la sintesi della visione fotografica di Robert Capa, mitico fotoreporter dalla vita breve ed avventurosa.

Capa fu indubbiamente l’inventore del fotoreportage di guerra moderno. Prima di lui le foto dei conflitti erano immagini di soldati nelle retrovie o distese di cadaveri dopo le battaglie. Capa, per primo, entra, con la sua piccola Leica, dentro la guerra e, con la sua immagine del miliziano spagnolo, cattura la morte nell’istante in cui avviene. Una svolta per la fotografia di guerra. Un’immagine controversa che è diventata simbolo universale della barbarie fascista.

Quella foto lo rende famoso. A soli 25 anni la rivista britannica Picture Post lo proclama il più grande fotografo di guerra al mondo. Anche se sono in molti a sollevare dubbi sull’autenticità di quello scatto. Per Luca Pagni, critico fotografico, «quella foto è la mistificazione di un falso, caparbiamente spacciato per vero».

Ma il recente ritrovamento di nuovi documenti avvalora la tesi dell’autenticità. Conosciamo in nome del miliziano, il ventiquattrenne Federico Borrell Garcia, che morì davvero quel 4 settembre del 1936 a Cerro Muriano in Andalusia. Il ritrovamento di un audio inedito dove lo stesso Capa racconta le modalità dello scatto rende credibile anche questa tesi.

L’audio diffuso dal Centro Internazionale di Fotografia ci racconta per la prima volta, direttamente tramite la voce dello stesso Capa, come nacque lo scatto. Capa racconta: “Ho scattato la foto in Andalusia mentre ero in trincea con venti soldati repubblicani con in mano dei vecchi fucili e che morivano ogni minuto correndo verso una mitragliatrice fascista per abbatterla. Ho messo la macchina fotografica sopra la mia testa e senza guardare ho fotografato un soldato mentre si spostava sopra la trincea, questo è tutto”.

SPAIN. Cordoba front. September, 1936. Death of a loyalist militiaman.

Morte di un miliziano lealista, Fronte di Cordova, inizi di Settembre 1936, © Robert Capa/ International Center of Photography/ Magnum Photos/Contrasto

“Una vita leggermente fuori fuoco” è il titolo della retrospettiva dedicata dal Museo MAN di Nuoro a uno dei più importanti maestri della fotografia del XX secolo. Con quasi cento scatti tra i più significativi dell’intera produzione di Capa, la mostra, realizzata in collaborazione con Magnum Photos e Contrasto, ripercorre le tappe fondamentali del percorso umano, professionale e artistico del grande fotoreporter, morto sessant’anni fa.

Il titolo si ispira all’imperdonabile errore di sviluppo dei due rulli di foto scattate, a rischio della vita, durante il D-Day, lo sbarco alleato in Normandia. Solo 11 foto, molto danneggiate, si salvano. Life le pubblica ugualmente definendole “slightly out of fire (leggermente fuori fuoco)” a causa del tremito della mano del fotografo. Capa, con il senso dell’umorismo che lo caratterizzava titolò così le sue memorie di guerra.

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Sbarco delle truppe americane a Omaha Beach, Normandia, Francia, 6 Giugno, 1944, © Robert Capa/ International Center of Photography/ Magnum Photos/Contrasto

In programma dal 7 marzo al 18 maggio 2014, la mostra di Capa, dopo quelle di Henri Cartier-Bresson e Werner Bischof, chiude il ciclo di eventi espositivi, iniziato nel 2011, dedicati dal museo nuorese ai fotografi dell’agenzia Magnum di cui Capa fu cofondatore.

Nato in Ungheria nel 1913 con il nome di Endre Friedmann, emigrato a Berlino e poi a Parigi, Capa è considerato il padre del fotogiornalismo. Figlio di una famiglia ebrea ed esule egli stesso, non smise mai di documentare il mondo dei diseredati e dei profughi, utilizzando la macchina fotografica come strumento di testimonianza e di denuncia. I suoi reportage, pubblicati su importanti riviste internazionali, tra le quali “Du”, “Life” e “Picture Post”, costituiscono un documento storico di indiscusso valore, oltre che uno straordinario e affascinante archivio di immagini, talvolta immediate ed esplicite, talvolta sottili e ironiche.

Il percorso della mostra ha inizio con le celebri istantanee di Leon Trotsky, realizzate senza autorizzazione a Copenaghen nel 1932. Nel 1931 Capa si era trasferito a Berlino, da dove sarebbe fuggito all’avvento del Nazismo per recarsi a Parigi. È qui che nel 1936 fotografa i tumulti delle lotte operaie e del fronte popolare.

Ancora nel 1936 Capa è in Spagna, per documentare la guerra civile. A Cerro Muriano realizza lo scatto che lo renderà celebre in tutto il mondo, “Morte di un miliziano lealista”, una delle più famose immagini della storia del Novecento, presente in mostra insieme ad altre fotografie del periodo. In Spagna Capa perde la sua adorata compagna Gerda Taro, anche lei fotografa, uccisa da un carro armato franchista.

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Corsa verso il riparo anti-aereo, Bilbao, Spagna, Maggio 1937, © Robert Capa/ International Center of Photography/ Magnum Photos/Contrasto

Nel percorso al MAN, oltre a una decina di fotografie del conflitto cinese-giapponese, realizzate nel 1938, anche una selezione delle immagini realizzate da Capa in Gran Bretagna e in Italia durante la seconda guerra mondiale.

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Contadino siciliano che parla con un ufficiale americano indicando un convoglio tedesco, nei pressi di Troina, Sicilia, 4-5 Agosto 1943, © Robert Capa/ International Center of Photography/ Magnum Photos/Contrasto

Un’altra sezione è dedicata alla documentazione dello sbarco degli alleati in Normandia. In mostra sono presentati gli scatti principali, insieme ad altre fotografie realizzate in diverse parti della Francia nel 1944.

Completano il percorso espositivo le fotografie delle macerie tedesche dopo la fine della guerra, le immagini scattate in Ucraina nel 1947, dove Capa documenta la vita nelle fattorie collettive, gli scatti del conflitto israeliano e quelli dell’ultimo reportage in Indocina.

Chiude la mostra un’ampia sezione dedicata ai ritratti realizzati da Capa nel corso della sua carriera, da Gary Cooper a Ingrid Bergman, sua amante, da Truman Capote a John Huston, fino alle celebri immagini di Matisse e dell’amico Pablo Picasso.

Il destino di Robert Capa si compie in Indocina dove va per sostituire il fotografo di Life Howard Sochurek, rientrato in patria. Una mina antiuomo lo attende sulla strada durante un trasferimento al seguito di un convoglio francese. Capa muore a 41 anni lasciando un’eredità di 70.000 negativi, testimonianza visiva di vent’anni di storia.

Scrisse il fratello Cornell Capa, fotografo anche lui: «Durante il suo breve passaggio sulla terra, visse e amò molto. Nacque senza denaro e così morì. Quel che ci ha lasciato è la storia del suo viaggio irripetibile e una testimonianza visiva che proclama la fede nella capacità degli uomini di sopportare tante avversità e, a volte, di farcela».

Enrico Pinna

 

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