Al Lirico, la poesia e la follia della Red Giselle di Boris Eifman

La magia del teatro… Gli strumenti che si accordano, il direttore d’orchestra che saluta il pubblico, le cortine rosse che si aprono e, improvvisamente, si è trasportati nell’atmosfera da fiaba di una classe di danza della Pietrogrado degli anni ’10 del Novecento: tulle, tutù, tanto sudore e tanto impegno. Sono queste le prime battute di Red Giselle, il balletto in due atti di Boris Eifman, con musiche di Georges Bizet, Petr Il’ič Čajkovskij e Alfred Schnittke, andato in scena al Teatro lirico di Cagliari dal 10 al 15 dicembre, di fronte a un pubblico incantato e coinvolto dal debutto di Eifman (fondatore dell’Eifman Ballet di San Pietroburgo) a Cagliari.
I cultori del genere e i ben informati saranno andati a teatro sapendo di stare per assistere a un omaggio a Olga Spessivtseva (Rostov, 1895 – New York, 1991), la celebre ballerina russa che dopo una vita dedicata alla danza ai più alti livelli, morì in una clinica psichiatrica newyorkese. Ma anche chi fosse andato ignorando la trama del balletto, immaginando nomi e parole sussurrate e gridate a suon di danza, avrà colto tutta la genialità e la complessità di questo spettacolo.

Chiunque sarà rimasto colpito dalla tensione tra la dimensione fiabesca della scuola di danza cui Olga apparteneva (che pare quasi uscire da un vecchio carillon) e quella più carnale e terrestre verso cui Olga è inevitabilmente attratta. Inevitabilmente, appunto, perché il mondo dei tulle e dei tutù è un mondo che non ha ragione di continuare a esistere senza riconoscere l’esistenza dell’altro; e così, anche il nuovo mondo della rivoluzione non può non fare i conti con quello da cui Olga proviene e in cui lui stesso affonda le radici.

L’uno esclude l’altro? Questo è quanto vogliono far credere le parti. Nella Russia della rivoluzione, come in tutti i momenti di crisi e grandi cambiamenti, la tendenza è a dividere la realtà in due grandi categorie: il bianco e il nero. Il bianco esclude il nero? No, l’uno è complementare all’altro, ciò che arricchisce e dà forma all’altro.

Esiste, infatti, un’ovvietà che, nell’insensatezza di questi momenti, si tende a dimenticare, una “verità” che è insegnata sin da bambini; esistono anche altri colori, come il rosso che Eifman richiama nel titolo e di cui Olga si veste in una scena memorabile del balletto: il rosso della passione, il rosso del sangue, il rosso della vita. Per chi sceglie di vivere una vita rossa, ma vorrebbe riuscire a viverne, allo stesso tempo, una bianca o una nera, a patto di essere accettata, a patto di non essere più sola, rosso diventa il colore della follia.

In un labirinto di specchi, in cui la protagonista non sa più riconoscere quale sia la realtà e quale il riflesso, in cui si fondono inestricabilmente la finzione del teatro (in cui Olga rappresenta la Giselle del titolo) e l’amarezza per l’amore disilluso (per il partner nel balletto, che ha un compagno nella vita), alla fine, Olga sceglie di stare dall’altro lato dello specchio, rinunciando a una vita che appare ormai costruita su un castello di illusioni trasformate in incubi. Eifman gioca ad attirarvi il suo pubblico, affascinato da Olga e dal suo mondo, in perenne oscillazione tra luci, ombre e macchie di rosso. E, infine, dalle poltroncine del teatro, si è quasi attratti tra i lacci della camicia di forza che, come i veli di un abito da sposa, avvolgono Olga Giselle.

Morena Deriu

 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share