Favori e affari sulla pelle degli studenti

La Scuola digitale oggi sarebbe, realtà. Con benefici economici per le famiglie e migliori condizioni per lo studio. Ma un giorno La Regione incrociò Ilaria Sbressa e…

Per capire il ruolo che Ilaria Sbressa gioca nel progetto “Scuola digitale”, è importante concentrarsi sulla fornitura del materiale didattico e ricordare che il bando da 40 milioni di euro pubblicato dalla Regione prevede esclusivamente produzioni originali, che dovranno essere fornite dai soggetti che si aggiudicheranno la gara d’appalto. E si parla di colossi come Mondadori, De Agostini Utet e Bocconi, che da subito si mostrano parecchio interessati al progetto curato da Tagliagambe.

Fino al giugno del 2012, il presidente Cappellacci e l’assessore regionale alla Pubblica istruzione Sergio Milia sbandierano in ogni occasione – e a ragione – la rivoluzionaria “Scuola digitale”. Conferenze, convegni, incontri istituzionali: ogni appuntamento è buono per pubblicizzare quello che, fino ad allora, è il fiore all’occhiello dell’esecutivo regionale. Poi qualcosa cambia.

Se ne accorge anche Silvano Tagliagambe, al quale – vista l”esperienza e l’autorevolezza – non mancano le entrature negli ambienti del Ministero. Fin dall’aprile del 2012, poco dopo la pubblicazione del bando, da Roma cominciano a rimbalzare notizie allarmanti. Si dice che Ilaria Sbressa abbia posato gli occhi sul progetto “Scuola digitale” e intenda ritagliarsi un ruolo importante. E che si stia agitando per interferire sul bando.

A quel punto Tagliagambe prende carta e penna e informa l’assessore Milia. Il tenore della missiva è più o meno questo: “Mi fanno sapere delle attenzioni della Sbressa e della sua società, la Interattiva. Non vorrei che questo determinasse rallentamenti o, peggio, modifiche al progetto, già in fase avanzata”. La reazione dell’assessore Milia è pacata: esclude ogni interferenza, parla di notizie senza fondamento e tranquillizza Tagliagambe. Di più: afferma che le sue fonti al ministero indicano la Sbressa come una millantatrice senza potere e senza sponsor. Una macchietta, insomma. In seguito a smentire Milia e le sue “fonti ministeriali” ci penseranno le inchieste giornalistiche e le indagini della Guardia di Finanza.

A vederci lungo, in verità, fu subito il consigliere regionale Paolo Maninchedda, che l‘8 giugno 2012 – cioè poco dopo le rassicurazioni di Milia e cinque mesi prima dell’inchiesta di Report – scrisse: “Chissà che l’indagine sulla Banca Popolare di Milano e la televisione Abc e la signora Sbressa non giunga in Sardegna”. Profetico.

Le rassicurazioni dell’assessore Milia, in effetti, avevano cominciato a perdere di credibilità già nel maggio 2012, un mese dopo la pubblicazione del bando da 40 milioni. Negli uffici della presidenza della Regione, infatti, cominciarono a tenersi riunioni alle quali Tagliagambe – pur essendo direttore scientifico del progetto e quindi interlocutore obbligato –  non veniva mai invitato. Poi,  ai primi del luglio 2012, ci fu la trasferta cagliaritana di alcuni pezzi grossi del Ministero. Si trattava di Giovanni Biondi, capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali e del Consulente per le politiche tecnologiche Vittorio Campione.

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