Festival Scienza a Cagliari, tutte le frontiere della nanotecnologia

Nel 2000 la Nasa predisse che entro il 2010 avremmo usato la nanotecnologia nell’industria automobilistica, nel packaging e nella cosmesi. Che sarebbero nati i display piatti e nuovi ricoprenti protettivi. Una tale profezia sembrava azzardata all’epoca ed invece si è dimostrata degna del miglior profeta. Questo è soltanto uno degli aspetti che sono stati messi in evidenza durante il Festival Scienza 2016 da Dario Narducci, docente dell’Università Bicocca, e da Guido Goldoni, docente dell’università di Modena e Reggio Emilia, moderati da Luciano Colombo docente dell’Ateneo Cagliaritano durante la conferenza dal titolo “Nanotecnologie: quasi tutto quello che avreste voluto sapere sulla prossima rivoluzione scientifica”.

Convegno che ha voluto mettere in evidenza come “l’ approccio multidisciplinare alla realizzazione di materiali, dispositivi e sistemi nei quali almeno una delle tre dimensioni caratteristiche dei loro componenti è misurata sulla scala dei nanometri” – come definisce le Nanotecnologie l’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica 2008 – siano entrati nella nostra vita quotidiana. Un approccio metodologico che mette assieme la ricerca con la sua applicazione pratica che risale almeno al tempo di “Galileo quando vendette un risultato delle sue ricerche, il cannocchiale, al doge di Venezia di modo che potesse vedere prima l’arrivo dei nemici” – ha detto Dario Narducci. – “Un rapporto sinergico quello tra tecnica e scienza che già nell’800 ha dato luogo ad una inversione di paradigma rispetto alla scienza intesa come ricerca pura – ha spiegato ancora il docente – Un esempio recente di questo rapporto lo possiamo trovare nell’ormai famoso progetto Manhattan durante il quale gli alleati hanno chiesto aiuto agli scienziati per sviluppare la bomba atomica durante la seconda guerra mondiale”.

Dalla teoria – sono state dichiarate uno dei target del programma europeo Horizon 2020  – alla pratica con un primo bilancio dell’ingresso delle nanotecnologie nella quotidianità. Spesso infatti utilizziamo le nanotecnologie in modo inconsapevole nonostante il loro forte impatto. “Un esempio-  ha continuato Guido Goldoni  – lo abbiamo nel settore ICT con lo smartphone. Il mattone fondamentale di questi device è il transistor, nato a metà degli anni 40 del secolo scorso, che da allora ad oggi ha avuto un forte sviluppo grazie alle nanotecnologie che sono riuscite a ridurre notevolmente le sue dimensioni fino a 50 nanometri (nm). Per fare un paragone il virus dell’influenza è grande 100 nm”. Un nanometro è un miliardesimo di metro e servono 3/4 atomi per fare un nanometro.

Le nanotecnologie possono essere usate anche nel campo biomedico. Oggi possiamo modificare a livello molecolare alcune particelle, come l’oro, di modo che queste possano agire all’interno del corpo umano in modo più mirato. Le nanoparticelle agirebbero direttamente dove è presente la patologia da curare dando molti meno effetti collaterali. Un esempio concreto è dato dai chemioterapici che colpirebbero soltanto le cellule tumorali. Non solo terapia ma anche diagnostica. La Pet o la Spect – rispettivamente la tomografia a emissione di positroni e la tomografia ad emissione di fotone singolo – sono tecniche di medicina nucleare e di diagnostica medica utilizzate per la produzione di immagini del copro che prevedono la somministrazione di radionuclidi. Grazie a nanoparticelle magnetiche rivestite da un polimero è possibile effettuare contemporaneamente diagnosi e terapia. Sfruttarle sia per l’individuazione precoce di cellule tumorali sia per la loro distruzione. Secondo i divulgatori scientifici la strada da percorre è ancora lunga,  deve essere ancora testata nell’uomo.

Le ricerche in corso. Anche l’ateneo del Capoluogo, nello specifico il dipartimento di Fisica, sta studiando le nanotecnologie. Il team composto da Giovanni Bongiovanni, Andrea Mura, Michele Saba, Francesco Quochi, studia i nanomateriali con l’obiettivo di sviluppare materiali innovativi per la fotonica e l’energia sostenibile. E ancora: Carlo Maria Carbonaro, Riccardo Corpino, Daniele Chiriu, studiano “nuove nano- architetture fluorescenti per applicazioni in fotonica” al fine di ingegnerizzare nuovi ibridi organico/inorganico per applicazioni nell’ambito della fotonica (Led bianchi e mezzi attivi per nano laser). Giorgio Concas studia, poi, le proprietà magnetiche di sistemi a bassa dimensionalità, come nanomateriali magnetici e materiali molecolari multifunzionali. O lo stesso moderatore che, con Claudio Melis, studiano nuovi nanomateriali per applicazioni tecnologiche avanzate, mediante la combinazione di metori teorici e computazionali. In particolare, materiali per la produzione di energia per conversione termoelettrica e fotovoltaica.

Partendo da costituenti nanometrici si cerca di studiare la fisica applicata alla medicina, biologia e farmacologia come fa Matteo Ceccarelli con il suo gruppo di ricerca. Un settore questo dove si affrontano le sfide future della medicina che richiederanno lo sviluppo di nuove strategie in cui sarà predominante lo studio del livello molecolare. Una analisi che serve per comprendere meglio i processi e progettare farmaci più efficaci. Sulla stessa linea anche Paolo Ruggerone che studia i sistemi di efflusso batterico e la loro resistenza agli antibiotici attraverso varie tecniche computazionali che vanno dal docking molecolare e metodi bioinformatici a tecniche di simulazione di dinamica molecolare classica e metodi quantistici.

Anche le grandi aziende e le multinazionali sfruttano la nanotecnologia, per esempio quelle che costruiscono i processori ed i microprocessori. Un aspetto che, in questo caso, è necessario tener conto è quello di rendere compatibile l’innovazione sviluppata con la tecnologia attuale di modo che la prima non sostituisca integralmente la seconda. La transizione deve avvenire per gradi. Un esempio concreto potrebbe arrivare dai computer che sfruttano la fisica quantistica: macchine che utilizzano meno tempo per fare i calcoli e che potrebbero agevolare la ricerca scientifica ma anche la vita quotidiana. “Si pensi ad esempio alla crittografia – hanno detto i divulgatori – o per rendere più immediato il problema i pagamenti online o i sistemi di messaggistica. Oggi questi sono protetti da protocolli che nascondono il messaggio a persone non autorizzate a leggerlo. Con i computer quantistici diventerebbe molto più semplice difendere la propria privacy”.

Alessandro Ligas

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