IL CASO. Il retablo di Tuili, l’opera dimenticata che cade a pezzi

Ci sono un dipinto e un pittore che in Sardegna scatenano da sempre una serie di interrogativi misteriosi e affascinanti. Il retablo di Tuili, realizzato tra il 1489 e il 1500 dal Maestro di Castelsardo, è una delle opere più belle e importanti della storia dell’arte sarda. Grandiosa e significativa ma in parte dimenticata: i tarli stanno minando le cornici del dipinto e c’è il rischio che parti della struttura imponente e pesante – il retablo è lungo cinque metri e mezzo di altezza per tre e mezzo di larghezza – possano crollare. Inoltre le cadute di colore si moltiplicano: le tavole lignee dipinte a olio a tempera (separate dalle cornici dorate), in alcune porzioni, stanno perdendo intensità, tanto che i restauratori sono stati costretti a inserire delle pezzette di protezione. Il dipinto è custodito da sempre nella parrocchiale del paese del Medio Campidano, la chiesa di San Pietro.

Roberto Sanna, guida ambientale tra le più esperte nella zona della Giara, si preoccupa, su richiesta, di mostrarlo a turisti e curiosi. Un retablo (retàule in spagnolo, dal latino retro tabula altaris, dietro l’altare) veniva sistemato dietro la mensa in cui si officiava il rito eucaristico. I soggetti rappresentati erano sacri e riguardavano la vita dei santi ed episodi della vita di Gesù. Si tratta di una pala d’altare, divisa in scompartimenti dipinti di varie forme e grandezze: polvaroli, predella, la tavola centrale, le tavole principali, quelle secondarie, e la crocifissione nella parte alta della composizione. Erano macchine pittoriche complesse e stratificate, composte a volte da decine di “pezzi” di varie dimensioni. Capolavori che svolgevano un ruolo importantissimo all’interno dell’universo cattolico dell’epoca, cosi come nella catechesi e nel culto dei santi.

Perché due nobili spagnoli fecero dipingere questa magnifica opera in un villaggio lontano e isolato? Perché è rimasto lì per oltre 500 anni? E soprattutto chi è il Maestro di Castelsardo? Il fascino del quadro sta anche in questi piccoli misteri. Quest’opera fu voluta dai coniugi di Santa Cruz , Giovanni e sua moglie Violante, feudatari del paese di Tuili. Lo documenta il contratto che i coniugi firmarono davanti al notaio Carnicer di Cagliari il 4 giugno del 1500 impegnandosi a costituire un vitalizio annuo in favore del nobile Nicolò Gessa per pagare il retablo che avevano fatto dipingere per la loro chiesa di San Pietro. Questo atto è molto importante perché permette di datare l’opera e inoltre testimonia che il dipinto non lasciò mai il suo luogo d’origine. Il retablo si trova nella prima cappella a destra (entrando dall’ingresso principale), a sinistra, entrando da quello secondario, mentre originariamente si trovava nel presbiterio.

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Lo schema decorativo è quello tipico dei retabli, dove nello scompartimento centrale è raffigurata la Vergine, in questo caso seduta in trono, e nello scompartimento superiore la crocifissione, mentre in quelli laterali sono rappresentati santi o episodi della loro vita, così pure nella predella. Nel retablo di Tuili negli scompartimenti laterali sono dipinti: San Michele, San Giacomo Maggiore, San Pietro e San Paolo; nella predella episodi della vita di San Pietro e nei polvaroli undici figure di santi. Nei decenni successivi alla composizione dell’opera nacque la tendenza di sostituire le immagini della Vergine e del bambino con statue a tutto tondo, come nel caso del retablo della Madonna del latte, dipinto da Pietro Cavaro e custodito nella chiesa di San Giovanni Battista a Villamar.

L’identikit del Maestro giramondo. Il retablo di Tuili è opera del Maestro di Castelsardo, artista appunto di cui Tuilinon sono note le generalità. Si pensa non fosse sardo, si presume potesse essersi formato in una scuola barcellonese e poi trasferitosi in Sardegna dove lavorò, in particolar modo a Castelsardo, da ciò l’appellativo di Maestro di Castelsardo. Alla sua figura sono stati accostati diversi nomi: il Maestro potrebbe essere Gioacchino Cavaro (padre o zio di Pietro), pioniere della Scuola di Stampace, oppure Giacomo da Milano, ma anche il maiorchino Martì Torner (gli accostamenti con pittori spagnoli sono molteplici) o, persino, Giovanni Muru, che di sicuro fu, comunque, almeno un suo collaboratore. Sue opere si trovano in Sardegna, Spagna (Barcellona), Corsica (Tallà), Inghilterra (Birmingham, Madonna con bambino, porzione di un retablo che si trovava nella chiesa di Santa Rosalia a Cagliari), a Cagliari, Sassari, Castelsardo, Codrongianos e Ardara. Il Maestro, che viaggiò tanto, spostandosi tra Catalogna, Baleari, Sardegna e Italia centro settentrionale, dimostra di conoscere profondamente i canoni e la cultura umanistica. L’artista si mosse in un ambiente eterogeneo e vario. Caratteristiche che si ritrovano nei suoi quadri, dove si mescolano le impressioni di Antonello da Messina, gusto fiammingo, gotico, aperture al Rinascimento lombardo, ligure, dell’Italia centrale in genere, più le innovazioni e l’originalità della nascente Scuola di Stampace. Nel dipinto ritroviamo proporzioni, gusto e tratti che riportano a Botticelli nei volti e nella dovizia di particolari e nella resa dei drappeggi. Il dibattito su chi fosse il Maestro di Castelsardo è tuttora aperto ma l’interesse degli studiosi e del Comune di Tuili ora è rivolto a ben altro.

Uno sguardo al futuro. La decisione di mantenere l’opera nel suo posto natìo si è rivelata saggia. L’unica volta che il retablo fu portato fuori (per un restauro nel 1914) andarono perse le cornici (che pare si trovino ancora nei locali della Pinacoteca di Cagliari in qualche polveroso magazzino) e venne riportato in Marmilla solamente dopo anni. Ecco perché, per paura che il dipinto potesse “sparire” di nuovo, a New York, in occasione di una mostra nel 1993, venne portata una copia. Il retablo è stato restaurato tre volte, nel 1914, nel 1964 e nel 1985, a Tuili, grazie all’interessamento del parroco. Adesso urge un nuovo intervento, proprio come è stato fatto nella scorsa primavera dal ministero dei Beni e delle attività culturali per il Retablo del Maestro di Castelsardo, uno dei complessi pittorici su tavola più importanti della Sardegna, conservato nel Museo Diocesano della Cattedrale di Sant’Antonio Abate a Castelsardo. Per il restauro di quest’opera è stata attivata una grandiosa macchina organizzativa, alla quale hanno partecipato anche il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali dell’Università di Cagliari, l’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie e la sezione di Cagliari dell’Isac-Cnr.

E per l’opera di Tuili, invece, che cosa potrebbe esser fatto? “A più riprese abbiamo cercato di destare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica”, afferma Roberto Sanna, che a Tuili è anche consigliere comunale,  “il dipinto è stato esaminato da un tecnico della Sovrintendenza e l’azione dei tarli sui ponticelli che sostengono le tavole ora potrebbe intaccare anche il retablo”. I danni sono evidenti: “Sono state sistemate una ventina di pezzette lì dove si sono verificate cadute di colore”, continua, “una soluzione tampone che non può che essere temporanea”.

In Comune, nel frattempo, è stato presentato un progetto legato ai bandi promossi dalla fondazione legata a un importante istituto di credito regionale. Ma considerando che il retablo di Tuili è un monumento nazionale dal 1893, visitato a più riprese anche dal critico d’arte Vittorio Sgarbi, per il restauro dell’opera potrebbe esserci anche un’altra soluzione: “La nostra intenzione è quella di sottoporre il problema anche al ministero dei Beni e delle attività culturali”, sottolinea Sanna, “agendo su più fronti si potrebbe riuscire a reperire i soldi necessari per un restauro completo”.

Federico Fonnesu

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