I familiari di Antonio Marci, il 63enne di origini sarde accusato di pedofilia e ritrovato sabato cadavere nella sua cella del carcere di Alessandria, non credono all’ipotesi del suicidio.
L’intervista è riportata oggi sul quotidiano L’Unione Sarda. “Le cose non sono andate come le raccontano – ha affermato il padre di Marci, Sandrino, 80 anni, che vive a Villasimius – mio figlio non è di certo la persona che è stata descritta”.
Antonio Marci aveva lasciato la Sardegna subito dopo gli studi per cercare lavoro nel Nord Italia. Aveva trovato occupazione come allenatore di calcio prima a Tortona e poi ad Alessandria. È qui che pochi giorni fa era stato arrestato con la pesante accusa di abusi su minori. A far scattare le indagini un ex allievo che da adulto aveva deciso di denunciare la violenza subita 29 anni fa: Marci è stato sorpreso nella sua abitazione dai carabinieri che lo hanno trovato seminudo in compagnia di un quattordicenne. In casa, inoltre, è stato trovato materiale pedopornografico e centinaia di video che documentavano i suoi incontri con i ragazzini.
Sabato Antonio Marci è stato trovato senza vita in carcere con la testa chiusa dentro una busta di plastica: secondo gli inquirenti si sarebbe tolto la vita da solo. I familiari però sono convinti che la verità sia un’altra.”Come può Antonio aver preso una busta, un laccio, esserselo legato attorno al collo e lasciarsi morire? L’istinto di sopravvivenza non glielo avrebbe permesso – ha affermato il fratello – E poi proprio alle 20 della sera, quando i dovrebbero essere anche dei controlli?”.
L’autopsia sul corpo è prevista per giovedì 19 gennaio: l’esame del medico legale chiarirà cosa realmente è accaduto nel carcere di Alessandria.