DENTRO le carceri. Le foto di Rosi Giua e Uliano Lucas alla collettiva di Brescia

Le carceri italiane, nel loro complesso, sono la maggior vergogna del nostro Paese. Esse rappresentano l’esplicazione della vendetta sociale nella forma più atroce che si abbia mai avuta. Sono fabbriche di delinquenti o scuole di perfezionamento dei malfattori.
Queste parole di Filippo Turati nei suoi Discorsi alla Camera dei Deputati del 1904 sono terribilmente attuali nonostante il tempo trascorso.

Siamo in procinto di essere condannati, dall’Unione Europea, a pagare sostanziose multe a causa delle condizioni del nostro sistema carcerario. Il nostro governo, per evitarle, sembra intenzionato ad indennizzare con denaro e sconti di pena quanti abbiano subito un “trattamento carcerario disumano”, candida ammissione di uno stato di fatto incontestabile.

Compare quindi al momento giusto l’inaugurazione della mostra “DENTRO” le carceri italiane nelle fotografie di Gianni Berengo Gardin, Renato Corsini, Mauro D’Agati, Davide Ferrario, Rosi Giua e Uliano Lucas aperta dal 29 Marzo al 30 Aprile 2014 alla Wavegallery Corsini di Brescia.

“DENTRO” è una riflessione sulla condizione delle carceri Italiane condotta con sei ricerche fotografiche parallele di sei fotografi di grande spessore e sensibilità. Tra gli autori, tutti prestigiosi, la cagliaritana Rosi Giua e Uliano Lucas che con la Sardegna ha un rapporto di grande vicinanza. I due autori hanno cortesemente concesso la pubblicazione delle loro immagini nella photogallery in calce al pezzo.

Il loro approccio è stato quello di entrare fisicamente nelle celle per stabilire con i detenuti un rapporto che doveva necessariamente essere di reciproca fiducia, di unanime comprensione dei problemi e di autentico rispetto per le singole personalità.
Ne è scaturita una mostra ricca di umanità, lontana dal quel “sbatti il mostro in prima pagina” che l’argomento potrebbe suggerire; una serie di immagini nelle quali traspare l’autenticità di quello che i carcerati vogliono venga visto “fuori”.

Rosi Giua racconta Buoncammino, che frequenta da due anni, in un lavoro di ricerca che è anche ( e necessariamente) condivisione. «Queste immagini — spiega — sono il racconto di alcune situazioni e momenti vissuti nel carcere nel corso delle attività del collettivo autodefinitosi “Biblio Caffè Ristretti” che da due anni s’incontra periodicamente nella biblioteca del penitenziario».

E’ un gruppo più o meno stabile di detenuti, di operatori socio-culturali del carcere e di volontari “esterni” riuniti intorno all’associazione culturale Chourmo. Partendo dalla poesia, ci siamo così ritrovati a geometria variabile, di volta in volta aperti ad altri ospiti interni o provenienti da fuori, a lavorare ad un progetto condiviso con lettori, musicisti, fumettisti, canta storie, scrittori, cuochi, fotografi e poeti: i “Biblio Caffè Ristretti”.

«In questa piccola oasi del carcere — continua — superati gli iniziali timori e tensioni, ci siamo conosciuti gli uni con gli altri. Persone di ogni età, provenienza, credo religioso e politico. La varietà dei nostri incontri ha assunto con il tempo una “strana” normalità. E il progetto ha preso a viaggiare nel carcere, oltre la Biblioteca, e oltre le mura, nella città».

«Mi vengono spesso in mente — conclude Rosi — le parole di Uliano Lucas: “la fotografia è uno strumento di conoscenza per chi la osserva e anche per chi la scatta”. Quello strumento che mi ha aiutata a guardare il mondo carcerario da dentro le mura, ad osservarlo per cercare delle chiavi di lettura per capirlo ed interpretarlo…»

Con accenti e visioni diversi gli altri autori raccontano atre realtà, fatalmente sempre uguali: Canton Mombello, San Vittore, Bollate, Buoncammino con il sovraffollamento, la fatiscenza, la dignità negata sono temi complessi e di stringente attualità raccontati con l’occhio attento, la mente libera e il cuore aperto. Un esempio di fotogiornalismo “etico” che sembra non appartenere più alle esigenze dell’editoria contemporanea. Ma che certamente appartiene all’essenza della fotografia di reportage sociale di cui onora i principi.

Enrico Pinna

 

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