Gifuni e il viaggio della parola: “Leggo ad alta voce per arrivare al corpo”

Sotto ai tigli del giardino comunale l’applauso è ancora più dolce, lungo, profumato. Un applauso che è un grazie sentito a quest’uomo dal volto bello e sofferente, la cui voce ti arriva sotto pelle e si frange come onda. Fabrizio Gifuni, sabato pomeriggio a Gavoi, ha letto alcuni brani di uno dei suoi cavalli di battaglia, quel “Pasticciaccio” di gaddiana memoria che da tanti anni recita nei teatri di mezza Italia. Legge sopra a un palco assolato, facendo compiere alla sua parola quel misterioso viaggio di ritorno che dalla pagina si trasmette al corpo. Legge in solitaria, e tutto intorno, l’incanto.

“E’ grazie alla parola che la vita ritorna al nostro corpo. Corpo come sede di passioni, deposito di saperi, culla di memoria.  Anche a casa, alle mie due bimbe, leggo spesso ad alta voce, lascio che il suono delle parole giunga a loro come una magia, come un gioco. Le parole sanno da sole dove lasciarsi cadere. Dove andare a riposare. Se arrivano solo all’intelletto, alla parte più alta e razionale del nostro corpo, senza raggiungere la pancia, le mani, le vene, le mille pulsioni sotterranee che ci abitano, il viaggio non si completa. E le parole non riacquistano vita”.

Studi Gadda da tanti anni, perché proprio l’estro dell’ingegnere milanese?

Ci sono libri che meglio di altri hanno suoni e maglie misteriose da svelare. Ogni testo ha la sua lingua, e mi affascina incontrare la qualità della scrittura. L’effetto che mi fa Gadda è inebriante. Mi stanca, mi sfianca, mi appassiona e mi emoziona. Sempre. C’è uno sforzo importante da compiere, un viaggio nella conoscenza di una lingua straordinaria come la nostra, di cui ogni giorno facciamo però un uso miserevole. Troppo spesso mi dicono che Gadda è difficile, ostico, talvolta incomprensibile. Ma il problema non è di Gadda o della sua scrittura, il problema è il nostro, ed è la nostra povertà di linguaggio. Ho letto per la prima volta Gadda a 20 anni, da allora non ho più smesso”.

Come nasce la scelta di Gavoi?

Quella di Gavoi è la storia di un’amicizia. Conosco Marcello Fois da tanti anni, abbiamo lavorato insieme per un suo film. Mi aveva chiesto molte volte di partecipare al suo festival. Farlo in occasione del decennale mi rende molto orgoglioso. E’ in luoghi e in incontri come questi che senti quanto si preserva l’identità di un popolo. In un mondo completamente omologato come il nostro, la passione dell’Isola a è la sorpresa più gradita”.

Donatella Percivale

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